Perché il neonato piange e quando preoccuparsi

PUBBLICATO IL 08 MARZO 2024

Un neonato che piange è sempre una situazione di discomfort per i genitori, che devono identificare la causa di questo comportamento e come sia più opportuno intervenire. Soprattutto per il primo figlio di una coppia, a volte i dubbi sono tanti: sarà qualcosa di cui preoccuparsi? È opportuno che contatti il pediatra? Abbiamo interpellato la Dott.ssa Roberta Levi, specialista in pediatria della Casa di Cura La Madonnina per parlarci meglio del pianto neonatale e di come comportarsi.

 

Come comunica il neonato

“Il pianto è l’unico modo che il neonato, non essendo ancora in grado di parlare, ha di comunicare con chi gli sta attorno, segnalando qualche sua esigenza e bisogno” spiega la dottoressa Levi.

Prima di arrivare a esso il bambino può esprimere il suo disagio anche in altri modi come, ad esempio, alcuni movimenti del corpo, ma se i suoi bisogni non vengono soddisfatti ecco che, poi, scoppia a piangere. 

Il pianto, quindi, ha varie cause alla sua base, che possono manifestarsi in diversi momenti della giornata a seconda anche di come cambiano le esigenze del neonato che, ovviamente, non sono sempre facili da interpretare.

 

Le possibili cause del pianto del neonato 

Fra le principali cause per cui il bambino piange vi sono:

  • fame: il neonato si nutre più volte al giorno per cui potrebbe manifestare il suo bisogno di latte magari muovendo inizialmente la testa a destra e sinistra, portando le manine alla bocca, tirando fuori la lingua, ma poi, se questa sua necessità non viene soddisfatta, ciò può sfociare nel pianto;
  • sonno: quando il neonato è molto stanco e non riesce ad addormentarsi, piange. I bambini, infatti, si addormentano in maniera differente: ad alcuni basta essere posizionati semplicemente nel lettino, mentre altri hanno bisogno di più tempo, altri ancora di essere cullati e in contatto con la mamma, etc. Ognuno di essi ha i propri rituali che, se vengono meno, possono incidere sulla comparsa del sonno nel neonato e, quindi, determinarne un potenziale pianto;  
  • pannolino sporco: il pannolino sporco o bagnato dopo un po’ di tempo può creare bruciore e disagio, che il bambino manifesta piangendo; 
  • richiesta di contatto: il neonato ha molto spesso l’esigenza di sentire il contatto con la mamma, il calore corporeo, nonché di essere preso in braccio e accolto (contenimento). Questo deriva dal fatto che era abituato a essere in un ambiente protetto e circoscritto quale, appunto, la pancia materna;
  • troppo caldo o freddo: a volte i genitori possono inconsapevolmente coprire troppo o troppo poco il bambino, quindi, quando questo si sente un po’ accaldato o, viceversa, leggermente infreddolito, può piangere; 
  • tensioni nell’ambiente: i bambini sono molto sensibili, pertanto, se si trovano in un ambiente molto agitato o in cui vi sono delle preoccupazioni/tensioni, che potrebbero determinare magari anche un modo di fare involontariamente più brusco da parte di chi li accudisce, possono agitarsi e piangere;
  • malessere: quando il bambino è in uno stato di malessere, come, ad esempio, il raffreddore che gli provoca il nasino chiuso e lo fa faticare a respirare e mangiare, può lamentarsi e piangere. Allo stesso modo, il rigurgito, il mal di pancia, etc. sono situazioni in cui il bambino ha disagio e sofferenza, che manifesta con il pianto. Le patologie più frequenti in età neonatale sono il reflusso gastroesofageo e le coliche gassose. Se il pianto è pomeridiano/serale o notturno, l’addome è gonfio e il bambino piega e chiude le gambe ciò potrebbe indicare una colica. Allo stesso modo, se piange subito dopo aver mangiato e inarca il petto, con colpi di tosse o un rigurgito frequente, potrebbe trattarsi di reflusso.

 

Cosa fare

Quando il neonato piange, occorre imparare a interpretare cosa sta cercando di dirci, anche se certamente non è semplice. Stando a contatto con lui si impara a conoscerlo; a capire il suo carattere, le sue abitudini ed esigenze e anche gli altri segnali che potrebbero accompagnarsi al pianto.

Vanno, quindi, passate in rassegna le cause principali che possono causare il pianto: ad esempio, è l’ora in cui il bambino è abituato a mangiare e sta piangendo, ha il pannolino sporco etc.

 

Non pensare sempre alle stesse cause

Non bisogna cadere nel tranello, però, di pensare che le cause del pianto del neonato debbano per forza essere sempre le stesse: coliche, reflusso, fame, etc. Questo perché a volte si somministrano anche dei farmaci al bambino che, se in alcuni casi sono assolutamente necessari, in altri lo sono meno.

Occorre, quindi, utilizzare anche un po’ di buon senso: se, per esempio, il bambino piange, ma ha appena mangiato a sazietà, fornirgli nuovamente del latte potrebbe non essere la scelta adatta perché, oltretutto, questo potrebbe gonfiarlo e peggiorare anche la situazione in caso delle coliche gassose.

Provare a prenderlo in braccio e vedere se si calma sicuramente è uno dei primi approcci da seguire.

 

Non avere paura del vizio

“È importante ricordare che i bambini molto piccoli hanno spesso bisogno di contatto e dell’essere contenuti. In molti genitori hanno paura di dare un vizio, quando in realtà non dovrebbero preoccuparsene. Esistono dei tempi di maturazione e sviluppo per cui se in questo momento il bambino, che comunque è molto piccolo, ha quest’esigenza, è giusto che venga soddisfatta e gli si vada incontro” spiega la dottoressa.

 

Campanelli di allarme

Esistono alcune situazioni, tuttavia, che se si associano al pianto meritano un approfondimento:

  • vomito: se il bambino piange e vomita tutte le volte che mangia;
  • feci alterate: spesso anche in associazione con il vomito. Se il bambino manifesta non occasionalmente, ma con costanza, delle feci alterate o diarroiche;
  • sangue nelle feci;
  • pianto inconsolabile: nulla riesce a consolare il bambino che piange disperato e in maniera ininterrotta, manifestando così uno stato di forte disagio;
  • febbre: se il bambino associa il pianto alla febbre questo potrebbe indicare una qualche problematica da indagare. Ovviamente la febbre con un nasino chiuso e il raffreddore può far pensare a una costipazione del bambino, ma altre patologie come, ad esempio, le otiti o le infezioni urinarie non hanno manifestazioni visibili esternamente; 
  • comportamento diverso: se il neonato ha dei comportamenti diversi dall’ordinario, ad esempio, è più letargico, gioca meno, non mangia, si contorce.

 

In questi casi il bambino va fatto vedere al medico il prima possibile perché, anche se in alcune reazioni di pianto più intense potrebbe esservi una componente caratteriale del bambino o una sua minore sopportazione a una situazione di fastidio, è importante accertarsi del suo stato di salute. 

“Le mamme sono le prime a capire quando c’è qualcosa che non va, in quanto conoscono il bambino. Se percepiscono che non sta bene, è sempre meglio contattare il pediatra per gli opportuni accertamenti”  conclude la dottoressa.

Cura e Prevenzione