Effetto rebound: quando è legato a psicofarmaci

PUBBLICATO IL 10 MARZO 2023

*(Pagina aggiornata il 13 marzo 2023)

Effetto rebound: quando è legato a psicofarmaci

“Effetto rimbalzo”: è questa la traduzione italiana all’effetto rebound, fenomeno che si verifica a seguito di una brusca sospensione di un farmaco psicotropo e che porta a conseguenze negative significative, tra cui il ritorno e la riacutizzazione del sintomo originale.

A chiarire come l’effetto rebound si colleghi all'uso di psicofarmaci il professor Roberto Cavallaro, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Riabilitazione Psichiatria Generale e della Disease Unit per i Disturbi Psicotici presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e Professore Ordinario di Psichiatria all’Università Vita-Salute San Raffaele.

 

Da cosa è causato l’effetto rebound da psicofarmaci e antidepressivi

“L’effetto rebound è un effetto noto nell’ambito dei farmaci psicotropi ed è collegato al fatto che le strutture su cui intervengono i farmaci si sono abituate, nel periodo del trattamento, ad avere un funzionamento differente – spiega il Professor Cavallaro -. 

Questa modulazione porta agli effetti curativi voluti, ma le strutture su cui i farmaci hanno agito necessitano di tempi variabili, a seconda delle caratteristiche farmacodinamiche e farmacocinetiche dei principi attivi e delle singole persone, per ritornare a funzionare in un modo fisiologicamente autonomo dopo un periodo di supporto all'attività cerebrale e, soprattutto, devono poterlo fare gradualmente, tornando alla piena fisiologia”.

L’effetto rebound ha per alcuni farmaci un suo corrispondente speculare all’inizio dei trattamenti in particolare con antidepressivi che, abitualmente, vanno iniziati a bassi dosaggi e poi lentamente aumentati. Ad esempio, per i disturbi d’ansia e in particolare per il disturbo di panico iniziare subito con la dose piena conduce al rischio di un peggioramento dei sintomi invece che un miglioramento.

“La modalità di aumento progressivo (se non in limitate situazioni di urgenza, in cui però  gli effetti desiderati si possono ottenere anche con il temporaneo utilizzo di farmaci sintomatici in attesa che l’effetto curativo, che richiede del tempo, si instauri) deve essere usata necessariamente per ridurre la probabilità di avere effetti collaterali o di avere la possibilità di causare effetti di peggioramento sintomatico iniziale non voluti e non correlati al farmaco in sé, ma al rapido aumento della dose, in particolare se già corrispondenti al dosaggio pieno” specifica il Professor Cavallaro.

L’importanza della gradualità

L’inizio e la sospensione della terapia psicotropa devono essere seguiti con particolare attenzione ed essere graduali nell’aumento o nella diminuzione quantitativa del dosaggio e nella velocità dello stesso, che vuol dire nelle prime e nelle ultime fasi una consultazione più frequente con il medico specialista. Esistono raccomandazioni dettagliate e valide nell’ambito della psichiatria soprattutto per:

  • antidepressivi;
  • benzodiazepine (di cui per il meccanismo neurofarmacologico specifico è sconsigliato anche nei fogli illustrativi l’utilizzo prolungato che instaura in alcuni soggetti in particolare un meccanismo di dipendenza con fenomeni astinenziali oltre che di rebound eventuale della sintomatologia);
  • farmaci antipsicotici e stabilizzanti dell’umore.

 

Come si manifesta l’effetto rebound

Gli effetti rebound possono essere tra i più diversi e sono correlati alla natura degli effetti sul cervello dei farmaci (per esempio, gli specifici sistemi neurofarmacologici che vanno a interessare).

Sintetizzando, anche guardando ai criteri diagnostici disponibili nella letteratura, gli effetti collaterali:

  • consistono in un rapido ritorno dei sintomi per cui è stato somministrato il farmaco con un’intensità superiore;
  • sono transitori con durata (in assenza di provvedimenti come il riprendere il farmaco e scalarlo gradualmente ove possibile) fino a 6 settimane;
  • compaiono entro 36-96 ore dopo l’interruzione o la forte diminuzione della dose;
  • sono reversibili

Ovviamente bisogna sempre considerare che non ci sia una condizione medica concomitante che provochi quei sintomi indipendentemente dal farmaco. 

 

I fenomeni di astinenza

Non dobbiamo andare a confondere questi effetti con quelli di astinenza, perché sono di qualità notevolmente diversa e riguardano alcuni farmaci in particolare, anche se oggi si tende a rendere più labile il confine classificatorio tra astinenza e rebound in questi casi” specifica lo psichiatra.

Questi fenomeni di astinenza hanno un nucleo comune in una sindrome vegetativa con ansia, tensione, tremori, ipertensione, crampi muscolari, sudorazione e nei casi più gravi anche sindromi confusionali con aspetti cognitivi e neurologici. Tale presentazione, variabile da soggetto a soggetto e da sostanza a sostanza, ha un nucleo comune a tutte le astinenze dall’alcool agli oppiacei alle benzodiazepine in particolare tra i farmaci psicotropi e declinazioni diverse a secondo della sostanza.

“Esistono poi rarissimi casi di sindromi causate dalla sospensione brusca come la sindrome serotoninergica per gli antidepressivi, con peculiare attività sulla serotonina e la sindrome neurolettica maligna da sospensione di antipsicotici che costituiscono, nei casi più gravi, un’emergenza in cui il quadro clinico talvolta deve essere gestito con supporto medico ospedaliero per le conseguenze fisiche che possono avere”, aggiunge il Professore. 
 

Come evitare l’effetto rebound 

L’unico modo di evitare l’effetto rebound è quello di non smettere il farmaco improvvisamente o troppo velocemente. Il trattamento principale messo di solito in atto è proprio il ripristino del farmaco interrotto. 

“Se questo non può essere ripristinato per altri motivi, ciascuna classe o addirittura talvolta ciascuna molecola farmacologica ha delle strategie specifiche di trattamento. Questo è però un terreno in cui chi non ha delle competenze specialistiche non si deve muovere da solo.

Il trattamento del rebound, così come l’assunzione iniziale e la sospensione di sostanze psicotrope, deve sempre passare attraverso uno specialista” conclude Cavallaro.

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