Cos’è la demielinizzazione
PUBBLICATO IL 22 MARZO 2022
La condizione, che consiste nella perdita della guaina che ricopre le fibre nervose, è associata a diverse patologie e può colpire sia il sistema nervoso periferico sia il sistema nervoso centrale
La demielinizzazione consiste nell’assottigliamento o nella completa perdita della guaina mielinica, uno strato che ricopre le fibre nervose sia nel sistema nervoso centrale, sia in quello periferico e che è fondamentale per garantirne il corretto funzionamento.
La mielina agisce infatti sia da isolante sia da protezione: in caso di danno il segnale elettrico viaggia più lentamente e si disperde oppure si blocca, mentre le cellule nervose risultano più vulnerabili e soggette a degenerazione. Ecco perché molte delle malattie demielinizzanti, ovvero associate a demielinizzazione, sono anche malattie neurodegenerative, come la sclerosi multipla.
Ne parliamo con il professor Massimo Filippi, direttore delle Unità di Neurologia, di Neuroriabilitazione e di Neurofisiologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e professore ordinario di neurologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele.
Le cause della demielinizzazione
Le cause della demielinizzazione sono molteplici e possono essere molto diverse tra loro. Tra queste le più frequenti sono condizioni autoimmuni come la sclerosi multipla, in cui alcuni autoanticorpi e alcune cellule del sistema immunitario, dopo essere migrate nel sistema nervoso centrale, scatenano un processo infiammatorio che porta alla lesione della guaina mielinica.
“La demielinizzazione può essere conseguenza di una risposta immunitaria anomala a seguito di fenomeni infettivi, come si pensa sia il caso della sindrome di Guillain-Barré, malattia demielinizzante del sistema nervoso periferico - spiega il professor Filippi - .
Ma all’origine della perdita della mielina possono anche esserci disturbi metabolici, abuso di sostanze, prima fra tutte l’alcol, o carenza di vitamina B12. Esistono, infine, malattie demielinizzanti di origine genetica, come la sindrome di Tay-Sachs, che hanno manifestazione precoce.”
È solo grazie alla ricerca di base che potremo identificare i meccanismi molecolari all’origine del processo di demielinizzazione caso per caso, e sviluppare così terapie sempre più mirate ed efficaci.
Sintomi
“Trattandosi di una categoria di malattie che include condizioni anche molto diverse tra loro, sia dal punto di vista della causa sia dell’evoluzione clinica, anche i sintomi e i segni variano molto a seconda del tipo di fibre nervose che sono colpite e dalla rapidità di progressione,” chiarisce il professor Filippi.
Tra questi, alcuni dei più comuni sono:
- la perdita di sensibilità e di forza muscolare, per arrivare fino alla paralisi;
- la rigidità;
- un’alterata coordinazione motoria.
Ma possono anche esserci problemi di vista o di udito o deficit cognitivi e depressione.
La diagnosi
“Nel caso delle malattie demielinizzanti del sistema nervoso centrale, lo strumento più potente che abbiamo per identificare correttamente la causa è la risonanza magnetica, di cui il San Raffaele è un centro di riferimento internazionale - continua Massimo Filippi - .
I dati raccolti tramite la risonanza vengono integrati alle valutazioni cliniche, agli esami neurofisiologici, ai test di laboratorio, in genere condotti sul liquido cerebrospinale, e ad eventuali test genetici, con l’obiettivo di identificare dei biomarcatori specifici per ciascuna malattia.”
La cura delle malattie demielinizzanti
Purtroppo, per moltissime malattie caratterizzate dalla perdita di mielina non esistono terapie risolutive. Tuttavia, i farmaci a disposizione per controllare i processi che attraverso il danno alla guaina mielinica portano a deficit neurologici irreversibili sono sempre più numerosi ed efficaci, in particolar modo per la sclerosi multipla: se usati tempestivamente e nel modo corretto possono fare la differenza in termini di qualità della vita e rallentare la progressione della malattia.
“Per i pazienti che soffrono di queste condizioni è fondamentale formulare una diagnosi precoce e iniziare un percorso terapeutico a 360°, in cui l’eventuale impiego di farmaci specifici va accompagnato con sessioni di fisioterapia ed, eventualmente, training cognitivo, che giocano un ruolo fondamentale nel promuovere il recupero del danno,” conclude il prof. Filippi.