Epatiti virali: facciamo chiarezza con l’esperto
PUBBLICATO IL 03 MAGGIO 2022
Continuare a far luce su questa particolare categoria di malattie infettive, le epatiti virali, oggi è ancor più fondamentale. Da un lato infatti, l’avvento di forme non ancora conosciute, come l’epatite acuta nei bambini, rende necessari sia gli sforzi dal punto di vista scientifico, sia da quello clinico, per una raccolta pedissequa dei dati oggi a disposizione e di quelli che verranno; dall’altro, lo stigma sociale ancora associato a queste patologie resta elevato, in Italia e nel mondo.
Per tentare di contrastare questo fenomeno sociale e per fare informazione rispetto alle diverse forme di epatite, proseguiamo con il percorso già tracciato rispetto a queste malattie: dopo aver approfondito l’epatite A e l’epatite B, facciamo un focus sulle altre tipologie di epatiti virali, epatite C, D ed E, con l’aiuto del nostro esperto, il professor Massimo Colombo, Direttore del Liver Center dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Che cos’è l’epatite virale e quali sono le differenti tipologie
Con il termine epatite virale, ci si riferisce a un’infiammazione del fegato causata da virus capaci di replicarsi nel fegato. Alcuni virus, come il citomegalovirus e il virus della mononucleosi, causano epatite nel quadro di un’infezione generalizzata dell’organismo; 5 virus, invece, hanno il fegato come bersaglio prioritario e sono: HAV, HBV, HCV, HDV e HEV.
Il decorso dell’epatite virale differisce a seconda del virus implicato e delle caratteristiche del paziente: tutti i virus causano epatite acuta, spesso asintomatica e di relativamente breve durata (4-6 settimane). In proporzioni variabili, l’infezione con virus B, C e D può però cronicizzare e ciò avviene quando l’epatite acuta si protrae oltre i 6 mesi.
La già citata epatite A si presenta solo in forma acuta; invece, l’epatite E generalmente si manifesta in forma iperacuta. L’epatite D (delta) ha una particolare biologia, come approfondiremo di seguito.
In una percentuale limitata le epatiti B, C e D possono evolvere in cirrosi e tumore epatico e, per questo, il riconoscimento precoce dell’infezione aiuta a prevenire queste complicanze che, in Italia, colpiscono alcune decine di migliaia di individui ogni anno.
L’epatite C: come si trasmette e come si manifesta
Questa epatite virale, identificata nel 1989, si diffonde principalmente attraverso:
- sangue;
- contatti sessuali non protetti.
Nel mondo, si stima che 58 milioni di persone abbiano l’infezione cronica e che ogni anno diano vita a 1,5 milioni di nuove infezioni. Di queste, la metà sono causate da comportamenti a rischio, di cui il più importante è rappresentato da iniezioni di droghe in vena.
I sintomi dell’epatite C
L’aspetto fondamentale dell’epatite C è l’elevata tendenza (60%) dell’infezione acuta ad evolvere in modo silente in forma cronica. Altro aspetto importante dell’infezione acuta è la frequente assenza di sintomi o la comparsa di sintomi aspecifici. Occasionalmente, il paziente con infezione acuta presenta:
- febbre transitoria e lieve;
- stanchezza;
- nausea;
- inappetenza;
- dolori muscolari.
L’infezione cronica C, invece, viene quasi sempre diagnosticata per caso, spesso durante accertamenti condotti in soggetti che per qualche motivo scoprono di avere i valori dei test epatici alterati come le transaminasi.
La cura dell’epatite C
“Per quanto concerne il trattamento, da circa 8 anni, disponiamo di 2 terapie antivirali egualmente efficaci e sicure, che si somministrano per via orale per un periodo di 2-3 mesi e che hanno la capacità di guarire la malattia pressoché in tutti i pazienti, con la capacità di eradicare completamente il virus anche nei più fragili.
L’utilizzo dei trattamenti antivirali è stato, e continua ad essere, fondamentale: in Italia, ad oggi, sono stati complessivamente trattati circa 200 mila pazienti con epatite C cronica, la maggioranza con cirrosi, e questo ha aiutato a ridurre la mortalità per cirrosi e tumore del fegato” spiega l’esperto.
Epatite D o delta: che cos’è
L’epatite D, identificata nel 1977 dal Professor Mario Rizzetto dell’Università di Torino, è una forma peculiare, molto severa, tuttora sprovvista di farmaci capaci di eliminare il virus.
È causata da un virus (HDV) sprovvisto di autonomia, che richiede la presenza del virus dell’epatite B (HBV) per poter sopravvivere, trasmettersi ed ammalare il fegato. Nel mondo, circa 20 milioni di persone sono cronicamente coinfettate da HBV ed HDV, con importanti variazioni geografiche rispetto alla prevalenza.
Grazie al programma di vaccinazione obbligatoria contro l'epatite B che dal 1989 interessa tutti i nuovi nati, la frequenza di attacco della epatite D nel nostro territorio si è vistosamente ridotta negli ultimi decenni.
Come si trasmette l’epatite D
Il virus HDV si trasmette attraverso:
- via parenterale: contatto con aghi/siringhe contaminati da sangue infetto;
- contatti sessuali non protetti.
“L’infezione delta quindi si manifesta soltanto in associazione all’epatite B e deve essere ricercata in tutti i soggetti HBsAg sieropositivi (marcatore specifico di epatite B) con esami di laboratorio suggestivi di malattia epatica”.
Co-infezione e sovrainfezione
L’epatite D si può trasmettere come:
- co-infezione acuta HBV/HDV in soggetti precedentemente sani. Tende a guarire con l’eventuale guarigione dell’epatite B;
- sovrainfezione di epatite B, cioè manifestazione acuta in soggetti già portatori cronici di epatite B. Tende ad aggravare notevolmente il decorso dell’epatite B.
A differenza dell’epatite C, la co-infezione e la sovrainfezione possono avere evoluzione fulminante.
“Per quanto concerne il trattamento, non esiste una cura risolutiva; tuttavia, sono in sviluppo 2 farmaci promettenti”, afferma il Professor Colombo.
Epatite E: quali sono le forme e come si manifesta
HEV causa epatite acuta e solo occasionalmente, in soggetti immunocompromessi, può causare forme ad evoluzione protratta o cronica.
Presente nel mondo in vari tipi genetici (genotipi), si suddivide in 2 macrocategorie:
- forma zoonotica, genotipo 3 presente in Europa; viene trasmessa con il consumo/manipolazione di carne poco cotta di suino, animale capace di ospitare un genotipo del virus. In Francia e UK, viene segnalata la trasmissione da donatori di sangue infetti non sottoposti a screening per HEV. Può causare infezione cronica nel paziente immuno-compromesso;
- forma da portatore umano obbligato, genotipo 1 frequente in estremo oriente e Nord Africa; è stata la causa di diverse epidemie; viene trasmessa da acque inquinate o alimenti contaminati da sterco umano (es. verdure, frutti di mare).
In Italia, la trasmissione trasfusionale di HEV 3 da donatori di sangue infetti è pervenuta dallo screening HEV obbligatorio nei donatori di sangue. Con entrambi i genotipi 1 e 3 sono stati segnalati casi di atrofia del plesso brachiale e neuralgie tipo Guillame Barré.
Nelle epidemie di HEV 1, è stata segnalata la prevalenza di complicanze severe talvolta fatali nelle donne gravide. Entrambi i genotipi HEV possono causare seconde infezioni.
I sintomi dell’epatite E
L’infezione HEV generalmente si manifesta con la sintomatologia tipica dell’epatite virale con:
- malessere;
- stanchezza;
- nausea e vomito;
- febbre;
- inappetenza;
- ittero.
Per questo motivo, l’infezione HEV può essere scambiata per epatite A.
Come si cura l’epatite E
“Mentre l’infezione acuta HEV1 e 2 si autorisolve spontaneamente, quella da HEV3 può causare infezione cronica che richiede un trattamento: non esiste un farmaco specifico anti HEV, ma il farmaco antivirale ribavirina, a lungo usato per la cura di HCV, ha avuto successo contro le infezioni HEV3 ad andamento protratto.
Esiste infine un vaccino per la prevenzione dei genotipi 1 e 2 che circolano in estremo oriente, la cui efficacia sui ceppi HDV3 circolanti in occidente tuttavia non è provata” conclude l’esperto.
Epatite acuta nei bambini
Da ultimo, passate in rassegna tutte le forme note di epatite, facciamo cenno all’epatite acuta nei bambini, recente oggetto di attualità anche in Italia.
È fondamentale segnalare che, attualmente, non si dispone di informazioni certe sul tema, soprattutto per quanto riguarda le origini della patologia. Dalla sintomatologia osservata, è stata avanzata l’ipotesi che si tratti di epatite virale ma, ad oggi, non vi sono sufficienti dati a supporto. L’unico punto fermo sull’argomento è la necessità, rimarcata in questi giorni anche dal CDC (Center for Disease Control and Prevention) di Atlanta, di continuare a raccogliere ed analizzare i dati scientifici per poter trovare delle risposte nel più breve tempo possibile.