Frattura di polso: come riconoscerla e come curarla

PUBBLICATO IL 08 SETTEMBRE 2021

I traumi, soprattutto quelli sportivi, rappresentano una delle maggiori cause di frattura del polso nei giovani, seguiti dagli incidenti e dall’osteoporosi, nei soggetti più anziani. 

Ma le fratture di polso sono tutte uguali? È sempre utile ingessare? Il dottor Alberto Lazzerini, responsabile dell’Unità operativa di Chirurgia della Mano all’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, chirurgo della mano presso Palazzo della Salute - Wellness Clinic, spiega come riconoscere e l’importanza di affidarsi a un buono specialista della mano per una diagnosi accurata e un trattamento risolutivo.

 

Le cause delle fratture del polso

“Le cause delle fratture di polso vanno ricercate in particolare nei traumi - spiega il dott. Lazzerini -. Nel caso degli sportivi, ci sono alcuni sport specifici che, proprio per le loro peculiari caratteristiche, predispongono maggiormente a questa problematica. Tra questi:

  • sport di contatto come, boxe, arti marziali;
  • sport con maggiore rischio di caduta, come pallavolo, calcio, basket, tennis;
  • sport di velocità, ad es. corsa, motocicletta, ciclismo;
  • sport invernali, come: sci, pattinaggio, snowboard.

Le cadute rappresentano una delle principali responsabili di frattura del polso perché, quando si cade, si tende a portare le mani in avanti per proteggere la testa in maniera istintiva, compromettendo in alcuni casi gravemente l’articolazione del polso. 

Altre cause associabili alla frattura del polso sono gli incidenti (domestici, stradali), ma anche l’osteoporosi, condizione di degenerazione delle ossa, molto frequente negli anziani e nelle donne in menopausa”.

 

Tipi di frattura del polso

Tra le diverse fratture che possono interessare il polso, le più frequenti sono:

  • frattura dello scafoide;
  • frattura dell’epifisi distale del radio e dell’ulna. 

 

La frattura dello scafoide

La frattura dello scafoide non presenta dolore o, per lo meno, fa male per pochi giorni, senza lasciare presagire alla presenza di una frattura. 

“Molto spesso, la persona non consulta nemmeno uno specialista e può conviverci per anni prima di scoprire di averla - continua -. Per motivi vascolari, questo tipo di frattura guarisce con estrema fatica, in quanto è un osso poco vascolarizzato (cioè irrorato da vasi sanguigni). 

Se non viene trattata, si crea una situazione di pseudoartrosi, cioè di una frattura non guarita, che a sua volta dà luogo a una condizione di instabilità meccanica dell’articolazione del polso, anticamera dell’artrosi vera e propria. 

Per com’è fatto lo scafoide, osso spongioso con una forma estremamente complessa, talvolta, la frattura non è visibile, nonostante le radiografie effettuate in Pronto Soccorso. Per questo si rende necessaria anche una particolare attenzione da parte nel valutare con accuratezza la frattura, sottoponendo il paziente a un TC o a ulteriori radiografie a distanza di 1 settimana / 10giorni”. 

 

Fratture dell’epifisi distale del radio e frattura del radio e dell’ulna 

Le fratture dell’epifisi distale del radio e quella  del radio e dell’ulna sono le più comuni.

“Per le fratture di polso, oggi, c’è una fortissima rivalutazione e differenza di approccio tra un ortopedico più tradizionale e un chirurgo specialista della mano - approfondisce l’esperto -. 

Molto spesso fratture con indicazione chirurgica, vengono trattate con apparecchi gessati in posizioni innaturali nel tentativo spesso fallimentare di mantenere ridotta una frattura instabile, con conseguente insoddisfacente risultato estetico e funzionale.

Una percentuale elevatissima di frattura di polso trattata con il gesso va incontro a una scomposizione secondaria che può essere più o meno grave. 

Noi chirurghi della mano vediamo tanti di questi pazienti e spesso capita di dover operare fratture di polso in condizioni non ottimali perché, magari, sono state portate avanti con il gesso per settimane, prima di rendersi conto che andavano operate nell’immediato”. 

Trattarle chirurgicamente quando sono già quasi consolidate diventa molto più difficile, per questo è sempre meglio affidarsi a uno specialista della mano che sia in grado di riconoscerle e di avviare l’iter diagnostico-terapeutico più adatto.

 

La diagnosi e la cura

Oltre alla valutazione clinica dello specialista della mano e alle radiografie tradizionali, un ulteriore esame in grado di fornire una diagnosi definitiva è senza dubbio la TC.

Spesso, il trattamento  per la frattura di polso è chirurgico

In più del 50% dei casi, alla frattura di polso si associa una lesione legamentosa che spesso non è possibile diagnosticare in fase acuta a causa dell’impossibilità di indagare con chiarezza la parte coinvolta.

 

Come funziona l’intervento chirurgico

“L’intervento consiste in un’osteosintesi con l’inserimento di una placca, in grado di riportare i frammenti di frattura nella posizione originale - specifica l’esperto -.

Rispetto a qualche anno fa, i mezzi di sintesi hanno subito una grande evoluzione: abbiamo a disposizione non più solamente un'unica tipologia di placca, bensì una vasta gamma di placche in grado di soddisfare le esigenze delle diverse tipologie di frattura. Questi mezzi di sintesi sono inoltre perfettamente performanti perché non vanno a interferire o a ostacolare il corretto scorrimento dei tendini e grazie all’utilizzo di viti che bloccano sia l’osso sia la placca, garantiscono una maggiore stabilità

Quando operiamo fratture di polso, una volta messa la placca al radio, eseguiamo sempre una valutazione radioscopica per rilevare eventuali lesioni grossolane dei legamenti che vengono immediatamente trattate. Anche in caso di legamenti lesionati, si procede chirurgicamente attraverso l’utilizzo di mezzi di sintesi (es. piccole ancore o fili), in grado di tenere unite le ossa in modo che il legamento possa riattaccarsi”.

 

L’intervento per la frattura scomposta del polso

Nei casi di fratture molto scomposte e molto frammentate, si opta per un doppio approccio:

  • tradizionale: per inserire la placca;
  • artroscopico: per ridurre i piccoli frammenti nell’articolazione.

Nello sportivo, per garantire una ripresa più rapida possibile dell’attività agonistica e un ritorno sul campo, frequentemente è necessario optare per scelte terapeutiche aggressive allo scopo di ridurre il tempo di inattività. Nel post intervento, in genere, ci sono diverse opzioni:

  • un tutore specifico che il paziente deve togliere più volte al giorno per fare esercizio fisico;
  • una stecca da portare per 5 settimane con una successiva radiografia. 

“Se dopo l’indagine radiografica - conclude Lazzerini - la frattura risulta consolidata si può avviare la riabilitazione vera e propria”.

Cura e Prevenzione