Intelligenza artificiale: la nuova frontiera della diagnosi nella Radiodiagnostica

PUBBLICATO IL 25 GIUGNO 2021

L’intelligenza artificiale è un argomento di cui si discute ormai da decenni, già da prima degli anni ’50 e, in qualche modo il nome evoca strumenti fantascientifici, da film ai confini con la realtà. 

Non è proprio così, anzi, più che mai l’intelligenza artificiale è diventata qualcosa di concreto che ben si adatta alla nostra quotidianità. Un classico esempio sono le applicazioni del cellulare che riconoscono la voce e riportano in forma scritta quanto viene detto o i sistemi di riconoscimento facciale che utilizziamo frequentemente.

Il professor Luca Maria Sconfienza, responsabile dell’Unità operativa di Radiologia diagnostica e Interventistica all’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi e professore ordinario di Radiologia dell’Università degli Studi di Milano, spiega le ultime novità in questo ambito e come ciò si rifletterà nell’ottica della nascita del nuovo ospedale Galeazzi. 

 

l’Intelligenza artificiale (AI) nella medicina

“In campo medico - spiega il prof. Sconfienza - l’AI ha uno scopo differente da quello che utilizziamo tutti i giorni, cioè:

  • aumentare le capacità di un medico o di un operatore sanitario;
  • supportare la gestione di un sistema sanitario, al fine di migliorare le prestazioni e aumentare le capacità. 

Questo si riflette in tantissimi ambiti: nell’ambito della terapia, con l’ausilio di tecnologie che possono ad esempio migliorare l’abilità degli operatori tramite robot comandati da un operatore, o anche in ambito di diagnostica che è invece l’applicazione più importante di cui parleremo”. 

 

L’applicazione dell’AI in radiologia

“Da un punto di vista radiologico, l’AI è particolarmente importante perché è in grado di osservare dettagli che l’occhio umano talvolta non è in grado di riconoscere o di cogliere al primo impatto. 

Infatti, bisogna partire dal presupposto che le immagini radiologiche, così come le fotografie che noi osserviamo quotidianamente, non sono nient’altro che un’enorme quantità di dati. Per cui un’immagine radiologica e un’immagine digitale contengono al loro interno, appunto, una serie di importanti informazioni” - continua lo specialista.

Il lettore, quindi il medico radiologo che osserva un’immagine radiologica, che può essere una frattura di un osso o una radiografia del torace, quando legge questo esame si basa sulla propria conoscenza e confronta quello che ha imparato negli anni con le immagini che sta osservando. 

 

Il machine learning per diagnosi più accurate

“L’intelligenza artificiale riesce a fare la stessa cosa ma con una capacità di confronto di immagini molto superiori, attraverso un processo di apprendimento dei dati che appartengono alle immagini stesse, chiamato Machine Learning, in cui si sottopongono al computer una serie di immagini di patologia (o tradizionali), già classificate come sane o patologiche, e gli si insegna innanzitutto a distinguerle. 

Fatto questo, lui immagazzinerà le informazioni e, una volta che avrà appreso, potrà applicare la propria conoscenza a tutte le immagini che gli riproporremo - sottolinea -. 

Questo è esattamente ciò che fa un essere umano e che in molti casi il computer riesce a fare con uguale maggiore accuratezza. Questo perché la capacità di riconoscere dettagli molto molto minimi su un’immagine radiologica è sicuramente molto maggiore per una macchina addestrata rispetto a un medico radiologo talvolta anche esperto.

 

Il ruolo futuro del radiologo

In futuro, non si assisterà certamente alla scomparsa del medico radiologo, perché sappiamo molto bene come questa figura professionale non si occupi soltanto dell’osservazione di un’immagine e successiva scrittura di un referto, ma ovviamente si occupa della conoscenza del paziente, sia da un punto di vista della storia clinica, sia da un punto di vista diagnostico per comprendere meglio se una certa diagnosi possa essere compatibile con le sue patologie e così via”. 

 

I vantaggi 

Quali saranno quindi i vantaggi in un prossimo futuro? “Sicuramente, ciò farà la differenza soprattutto su chi sarà in grado di utilizzare questo tipo di applicazioni per farsi supportare nella diagnostica rispetto a chi non la utilizzerà: questo perché la tecnologia potrà fornirci un enorme supporto nel miglioramento delle nostre capacità diagnostiche.  

Facciamo un esempio: pensiamo ad alcune immagini radiologiche, che vengono effettuate in maniera routinaria e che magari non vengono refertate subito dal medico per qualsivoglia motivo. L’AI potrebbe essere in grado di riconoscere un referto inatteso e urgente su uno di quegli esami e di segnalarlo immediatamente all’attenzione dello specialista. 

Anche la gestione delle liste d’attesa di un ospedale o delle prenotazioni potrebbe beneficiare dell’AI. Ad esempio, andando a raccogliere i dati della cartella clinica di un paziente e gli interventi pregressi, l’AI ci potrà dire se, per un determinato motivo medico, egli è idoneo o meno per un certo tipo di esame, evitando quindi (nel caso non lo fosse) che arrivi in ospedale, perda del tempo, e soprattutto occupi spazio in maniera immotivata, togliendone ad altri pazienti”. 

 

APP e AI: come supportare sviluppo e commercializzazione

In questo contesto, l’AI è spesso, soprattutto in ambito medico, gestita da start up specifiche che si occupano di aspetti particolari come, ad esempio, lo sviluppo di applicazioni specifiche che andranno poi a trasferire questo tipo di attività di ricerca dal laboratorio all’attività clinica (from bench to practice), perché molte di queste vengono studiate, prodotte, ma poi non arrivano a essere commercializzate

“Un obiettivo di campus MIND (Milano Innovation District) - conclude Sconfienza - è l’integrazione, all’interno di un parco scientifico, tra la conoscenza clinica con un aspetto più propriamente ospedaliero/sanitario e un altro più tecnologico/informatico, al fine di creare prodotti veri e propri che potranno essere commercializzati ed entrare nella pratica clinica per essere utilizzati”.

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