Il grasso del cuore ha un nuovo nemico

PUBBLICATO IL 26 SETTEMBRE 2019

Alcuni farmaci attualmente impiegati nella terapia del diabete e dell’obesità proteggono il cuore riducendo il grasso che lo circonda

Milano, 26 settembre 2019 – I farmaci usati nel trattamento del diabete di tipo II e dell’obesità riducono il grasso che riveste il cuore, conosciuto come grasso epicardico, con effetti cardiovascolari benefici.

È quanto emerge da uno studio pubblicato sull’International Journal of Cardiology che ha visto la collaborazione dei ricercatori del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano e dell’IRCCS Policlinico San Donato.

Il tessuto adiposo epicardico (Epicardial Adipose Tissue – EAT) è un particolare grasso che ricopre le coronarie e il cuore del quale, in condizioni normali, costituisce circa il 20% del peso totale.

In costante comunicazione con il muscolo cardiaco, EAT rappresenta anche la sua principale riserva energetica. Protegge il cuore, sia con un’azione termogenica, sia con un’azione strutturale: fa in modo cioè che la temperatura del muscolo cardiaco sia sempre ottimale e che le coronarie rimangano stabilmente nella loro sede quando la frequenza del battito aumenta.

Un eccesso di grasso epicardico, tipico dei soggetti con obesità viscerale-addominale, ha invece diversi effetti dannosi sul cuore: ne modifica il metabolismo, ne altera la struttura e la mobilità, danneggiando la funzione della pompa cardiaca e aumentando quindi il rischio di scompenso.

Favorisce l’aterosclerosi e peggiora il microcircolo, esponendo maggiormente a ischemie e può inoltre infiltrare la parete del muscolo cardiaco, generando anomalie nella conduzione del battito e aritmie.

“Da diversi anni abbiamo concentrato le ricerche del nostro gruppo su EAT e il suo ruolo nelle malattie cardiovascolari. Sappiamo che a una 'pancia grassa', corrisponde un 'cuore grasso' e che l’eccesso di grasso epicardico genera un’azione infiammatoria direttamente sulle pareti delle arterie coronarie e sul muscolo cardiaco. Questa funzione pro-infiammatoria del grasso è un predittore indipendente di coronaropatia e di rischio metabolico ma questo nuovo lavoro, oltre a confermarne il ruolo di importante fattore di rischio, apre la strada alla considerazione di EAT come un vero e proprio target terapeutico su cui in futuro si potrà agire direttamente” – spiega il dottor Alexis Elias Malavazos, responsabile del Centro di Dietetica, Educazione Alimentare e Prevenzione Cardiometabolica dell’IRCCS Policlinico San Donato.

Il fatto che ha dato avvio allo studio è l’osservazione nella pratica clinica dell’effetto dei farmaci incretino-mimetici sui cuori dei pazienti: questi farmaci – ad oggi comunemente impiegati nella terapia del diabete e dell’obesità – “mimano” l’azione delle incretine, gli ormoni che, normalmente prodotti dall’intestino, stimolano il pancreas a produrre insulina e che abbassano il glucosio nel sangue.

I pazienti diabetici e obesi in terapia con gli incretinomimetici presentano una riduzione molto importante dello spessore del grasso cardiaco (fino al 36%), riduzione questa non correlata direttamente alla perdita di peso complessivo e al miglioramento del controllo del glucosio.

Da qui l’idea che potesse esserci un’azione diretta di questi farmaci a livello di EAT: “Abbiamo studiato campioni di EAT prelevato da pazienti affetti da patologia coronarica sottoposti a intervento chirurgico di bypass e abbiamo riscontrato che EAT esprime una molecola specifica (GLP-1R) che funziona da recettore per le incretine e i cui livelli sono associati a geni che, oltre a ridurre la creazione di nuovo grasso (adipogenesi), promuovono l’ossidazione degli acidi grassi e il differenziamento delle cellule grasse da bianche a brune – favorendo quindi il dispendio energetico e la perdita di grasso. Attraverso l’azione su EAT deriva quindi un’importante funzione protettiva a livello del cuore.” – conclude Elena Dozio, ricercatrice di Patologia clinica al Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell'Università degli Studi di Milano.

 

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International Journal of Cardiology – April 2019 Epicardial adipose tissue GLP-1 receptor is associated with genes involved in fatty acid oxidation and white-to-brown fat differentiation: A target to modulate cardiovascular risk?

 

Elena Dozio (a), Elena Vianello (a,1), Alexis E. Malavazos (b), Lorenza Tacchini (a) , Gerd Schmitz (c) , Gianluca Iacobellis (d), Massimiliano M. Corsi Romanelli (a,e)

(a) Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano; (b) Centro di Alta Specialità di Dietetica, Educazione alimentare e Prevenzione cardio-metabolica, IRCCS Policlinico San Donato; (c) Istituto di Chimica Clinica e Medicina di Laboratorio, Università di Regensburg; (d) Division of Endocrinology, Diabetes and Metabolism, Department of Medicine, University of Miami, Miller School of Medicine; (e) Service of Laboratory Medicine1-Clinical Pathology, IRCCS Policlinico San Donato

Lo studio è stato supportato dal finanziamento della Fondazione EA Fiera Internazionale di Milano all’Università degli Studi di Milano e dal finanziamento di Ricerca Corrente del Ministero della Salute Italiano all’IRCCS Policlinico San Donato

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