Artrosi dell’anca: quando le terapie conservative non bastano

PUBBLICATO IL 02 AGOSTO 2019

Se la terapia medica, fisica o infiltrativa non ha prodotto i risultati sperati per la cura dei reumatismi e dei dolori articolari dell’anca è sempre possibile ricorrere alla chirurgia.

In caso di artrosi d’anca, una volta appurata l’eventuale inefficacia delle terapie conservative, lo specialista ortopedico può suggerire il ricorso alla chirurgia. Come ci ha spiegato il Dott. Luca Marega, Responsabile dell’U.O. di Ortopedia sez. I dell’Istituto Clinico S. Anna, “i criteri per decidere a quale paziente impiantare una protesi d’anca hanno subito profonde modificazioni negli ultimi vent’anni. In passato era candidato all’intervento solo un paziente con dolori molto intensi anche a riposo; attualmente vi sono pazienti che si fanno operare per continuare a sciare o giocare a tennis. Questo è dovuto al grande progresso delle prestazioni ottenibili con una protesi d’anca. 30 anni fa ad un paziente con protesi d’anca veniva consentito di camminare e andare in bicicletta ma il sollevare pesi e il praticare qualsiasi sport era assolutamente sconsigliato. Oggi, invece, con le protesi di cui disponiamo e con i nuovi materiali di cui sono costituite, possiamo dire che un paziente con una protesi d’anca può condurre una vita assolutamente normale e anche praticare dello sport”.

Chirurgia tradizionale o mininvasiva per la protesi d’anca?

“Pur trattandosi di interventi chirurgici “maggiori” nel campo della tecnica chirurgica sono stati fatti molti progressi. Il tentativo è quello di realizzare l’intervento in modo sempre meno traumatizzante per il paziente. Come nel campo della chirurgia addominale in cui attualmente si eseguono con piccole incisioni molti interventi che in passato richiedevano la completa apertura dell’addome, anche la chirurgia ortopedica si è mossa in questa direzione. Anzi si può dire che con la chirurgia artroscopica del ginocchio e della spalla per lesioni meniscali e legamentose e la tecnica microchirurgica per il trattamento delle ernie del disco, la chirurgia ortopedica abbia aperto la strada alla cosiddetta chirurgia mini-invasiva. Il fatto più evidente è il risultato estetico di un’incisione più piccola di quella della tecnica tradizionale (circa 10 cm per una protesi d’anca). Ma non è il solo: ciò che più conta è la ridotta perdita di sangue, la più rapida e meno dolorosa riabilitazione, il miglior risultato funzionale legati a una più delicata e meno estesa dissezione dei tessuti. Per attuare la chirurgia mininvasiva dell’anca con sicurezza, però, è bene disporre degli strumenti necessari e avvalersi dell’aiuto di chirurghi che abbiano maturato una specifica esperienza nel campo. Va ricordato, infine, che questo tipo di chirurgia non può essere attuata in tutti i casi: le principali controindicazioni sono costituite dai pazienti obesi, da quelli che presentino gravi deformità e dai casi di sostituzione di protesi d’anca mal funzionanti o usurate”.

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