Caffeina e Parkinson: qual è il legame e cosa sapere

Caffeina e Parkinson: qual è il legame e cosa sapere

PUBBLICATO IL 01 OTTOBRE 2025

Caffeina e Parkinson: qual è il legame e cosa sapere

PUBBLICATO IL 01 OTTOBRE 2025

La caffeina è una delle sostanze psicoattive più consumate al mondo. La assumiamo ogni giorno attraverso il caffè, il tè, il cioccolato, le bevande energetiche e anche alcuni farmaci. È nota per il suo effetto stimolante: aiuta a sentirsi più svegli, migliora l’attenzione e combatte la sonnolenza. 

Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha iniziato a interessarsi alla caffeina anche nel contesto delle malattie neurologiche, in particolare della malattia di Parkinson

Ne parliamo con la dottoressa Roberta Balestrino, neurologa presso l’Unità operativa di Neurologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, diretta dal professor Massimo Filippi.

 

Caffeina e rischio di Parkinson: cosa sappiamo

Negli ultimi trent’anni (e più) diversi studi epidemiologici hanno osservato un’associazione interessante: chi consuma regolarmente caffeina sembra avere un rischio inferiore di sviluppare la malattia di Parkinson rispetto a chi non ne fa uso, con una riduzione stimata fino al 30-40% in grandi studi. 

Questo effetto è specifico per la caffeina, quindi si osserva anche con il tè, la cola e altre bevande contenenti caffeina, con un effetto dose-dipendente (entro certi limiti), mentre è assente nel caffè decaffeinato. 

Inoltre, l’effetto protettivo appare più evidente negli uomini, mentre nelle donne può variare in base a fattori ormonali, come l’uso di estrogeni. 

 

L’effetto protettivo della caffeina

Il meccanismo alla base di questa associazione protettiva non è ancora completamente chiaro, ma una delle ipotesi più accreditate riguarda l’azione antagonista della caffeina sui recettori dell’adenosina A2A. Bloccando questi recettori, la caffeina potrebbe modulare i circuiti dopaminergici, che sono quelli principalmente colpiti dalla malattia. 

Inoltre, la caffeina potrebbe agire su altri meccanismi della malattia, grazie al suo effetto antiossidante e antinfiammatorio, riducendo l’accumulo di alfa-sinucleina (una proteina coinvolta nella patogenesi) e migliorando la capacità dei neuroni di “fare pulizia” attraverso il meccanismo dell’autofagia. 

Infine, potrebbe avere un’azione neuroprotettiva stimolando il rilascio di fattori neurotrofici, proteine essenziali per la sopravvivenza e la funzione dei neuroni.

 

L’effetto della caffeina sui pazienti con Parkinson

A oggi, non esistono evidenze scientifiche solide che dimostrino che la caffeina possa rallentare la progressione della malattia di Parkinson. La ricerca è ancora in fase preliminare e i dati disponibili non consentono di trarre conclusioni definitive. 

Alcuni studi clinici hanno riportato un modesto miglioramento di alcuni sintomi, motori e non motori, ma le evidenze sono ancora deboli e spesso non replicabili, quindi non sufficienti ancora per raccomandarne l’uso come terapia. 

Potenziali benefici della caffeina sui sintomi non motori del Parkinson

Un aspetto interessante riguarda il trattamento dei sintomi non motori, che sono spesso difficili da gestire e per i quali la caffeina o molecole simili potrebbero rappresentare un nuovo approccio. 

Esistono già alcuni farmaci che agiscono sugli stessi recettori “bersaglio” della caffeina, ovvero i recettori dell’adenosina A2A: l’istradefillina, approvata in Giappone e negli Stati Uniti come trattamento aggiuntivo alla levodopa per i pazienti in fase avanzata, al fine di migliorare le fluttuazioni motorie. 

Altri composti simili sono attualmente in fase di sperimentazione clinica. 

Si tratta quindi di un campo di ricerca promettente, che in futuro potrebbe offrire nuove opzioni terapeutiche, soprattutto per quei sintomi su cui i trattamenti attuali sono meno efficaci.

 

Attenzione agli effetti collaterali della caffeina 

Pur essendo una sostanza naturale e molto diffusa, la caffeina non è priva di effetti collaterali. Dosaggi elevati possono causare:

  • ansia; 
  • irritabilità; 
  • disturbi del sonno; 
  • tremori; 
  • aumento della frequenza cardiaca; 
  • problemi digestivi. 

Nella malattia di Parkinson, dove sintomi come insonnia, ansia o ipotensione ortostatica sono già frequenti, un consumo eccessivo di caffeina può peggiorare alcuni disturbi. Inoltre, essendo attiva anche sul cuore, potrebbe non essere indicata in caso di patologie cardiologiche. 

 

Quanta caffeina assumere al giorno

Secondo le raccomandazioni della European Food Safety Authority (EFSA), per la popolazione generale, fino a 400 mg di caffeina al giorno (equivalenti a circa 3-5 tazzine di caffè) sono considerati sicuri negli adulti (non in gravidanza). 

Tuttavia, chi convive con patologie croniche dovrebbe sempre discuterne con il proprio medico, valutando la sensibilità individuale e le eventuali interazioni farmacologiche.

 

Il futuro della ricerca sull’uso terapeutico della caffeina nel Parkinson 

La caffeina è una sostanza interessante, studiata anche per il suo potenziale effetto protettivo nella malattia di Parkinson. Tuttavia, al momento non esistono indicazioni per il suo uso terapeutico. 

Sono però in corso diversi studi che cercano di esplorare più a fondo le applicazioni di questa sostanza, che consumiamo quasi quotidianamente, e che potrebbe nascondere un potenziale ancora tutto da scoprire. 

Queste ricerche potrebbero aprire la strada a nuove strategie per il trattamento o la prevenzione della malattia, sfruttando meccanismi che solo ora cominciamo a comprendere grazie alla ricerca. 

Per ora, valgono le indicazioni di buonsenso: un consumo moderato, inserito in uno stile di vita sano ed equilibrato, può avere effetti positivi, ma non sostituisce in alcun modo i trattamenti e il monitoraggio medico.