Ipertrofia prostatica benigna: come riconoscerla e curarla 

Ipertrofia prostatica benigna: come riconoscerla e curarla 

PUBBLICATO IL 14 MAGGIO 2025

Ipertrofia prostatica benigna: come riconoscerla e curarla 

PUBBLICATO IL 14 MAGGIO 2025

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Con il termine ipertrofia prostatica benigna si intende un ingrossamento benigno della ghiandola prostatica che può provocare, negli uomini, sintomi delle basse vie urinarie, soprattutto a partire dai 50 anni di età. 

Questo ingrossamento può creare, in alcuni pazienti, delle difficoltà nell'urinare, ma anche disturbi dal punto di vista sessuale. La prostata riveste un ruolo importante anche nella fertilità, in quanto produce il liquido seminale, fondamentale per la vitalità degli spermatozoi.

Cosa succede quando la ghiandola prostatica si ingrossa? Quando è necessario ricorrere allo specialista? Ce ne parla il professor Francesco Montorsi, Primario dell’Unità di Urologia all’IRCCS Ospedale San Raffaele e docente ordinario di Urologia all’Università Vita-Salute San Raffaele.

 

Chi colpisce

“L'ipertrofia prostatica benigna colpisce tipicamente gli uomini dopo i 50 anni, anche se ci sono alcune eccezioni in soggetti quarantenni che, talvolta, si presentano dallo specialista con prostate già molto più grandi rispetto alla media normale della loro età e con disturbi nella minzione - spiega il prof. Montorsi -. 

Tipicamente, però, è dopo i 50 anni che iniziano a presentarsi i primi sintomi ed è peraltro anche per questo che, sempre a partire da questa età, si raccomanda anche a chi non ha nessun disturbo di fare controlli urologici con esame del sangue PSA (Antigene Prostatico Specifico), utili per lo screening del tumore della prostata”.

 

Le cause dell’ipertrofia prostatica benigna

Le cause della patologia prostatica sono essenzialmente 2:                                     

  • ormoni, che con il capostipite (il testosterone) tengono sotto stretto controllo la prostata;
  • fattori di crescita, che il nostro organismo produce (bFGF, EGF, etc) e che hanno funzioni in tutto il corpo. Possono determinare o meno le dimensioni della prostata e tutto ciò che ne consegue. 

 

I sintomi dell’ipertrofia prostatica benigna

“I disturbi dell’ipertrofia prostatica benigna – continua lo specialista - si possono dividere in 2 categorie: ostruttivi e irritativi.

I sintomi ostruttivi vengono chiamati così poiché quando la prostata si ingrossa, questa va a comprimere il canale che la attraversa (ossia l’uretra, che ha la funzione di portare l’urina dalla vescica fino all'esterno), creando difficoltà nella fuoriuscita del getto della pipì. Dunque, i sintomi ostruttivi sono tipicamente:

  • un getto urinario ridotto;
  • la difficoltà nell’urinare;
  • lo svuotamento incompleto della vescica con sgocciolamento.

Tra i sintomi irritativi, il più classico è quello di alzarsi di notte per urinare. Anche di giorno, la minzione diventa più frequente, creando una situazione di estrema urgenza.

Da un punto di vista sessuale, si possono verificare: 

  • disturbi nell'erezione, cioè il pene non riesce a diventare sufficientemente rigido per l'attività sessuale; 
  • disturbi nell'eiaculazione, sia nella produzione di volumi più ridotti di sperma, sia nello sviluppo di forme di eiaculazione precoce o dolorose. 

Questi disturbi sono sicuramente più frequenti in coloro che hanno una grossa prostata sintomatica”.

 

Come si diagnostica

Quando il paziente si sottopone a una visita, è necessario che lo specialista gli spieghi che la prostata va osservata da 2 punti di vista:

  • punto di vista oncologico, che risponde alla domanda se c'è un tumore o meno. È necessario quindi l’esame obiettivo e l’esame del PSA. Se uno di questi 2 esami dovesse risultare alterato per la presenza, ad esempio, di un nodulo alla esplorazione rettale o di un PSA elevato, sarebbe necessario procedere con una risonanza magnetica multiparametrica della prostata con mezzo di contrasto ed eventuali biopsie prostatiche, qualora questa riscontrasse delle aree dubbie e meritevoli di approfondimento diagnostico;
  • punto di vista funzionale, che risponde alla domanda se il paziente ha una prostata di volume aumentato associato ai sintomi discussi in precedenza. In questo caso, si procede con ulteriori approfondimenti diagnostici di seguito discussi.

“Nel momento in cui il paziente sta bene, ha una buona aspettativa di vita, è giusto procedere in ogni caso con un controllo tramite un'ecografia dell'addome completo che va a esplorare tutti gli organi dell’apparato urinario, quindi reni, vescica e prostata - raccomanda lo specialista -.

Se il paziente riferisce un flusso urinario ridotto, si effettuano 2 ulteriori esami:

  • uroflussometria, utile per misurare il getto di urina e le modalità in cui fuoriesce, in modo da capire se c’è o meno un’ostruzione;
  • ecografia, utile per osservare l’eventuale presenza di un ristagno post minzionale, ovvero capire se alla fine della pipì il paziente è riuscito a vuotare totalmente la vescica”.

 

Farmaci per l’ipertrofia prostatica benigna: quando servono e quali sono

Se il paziente ha qualche disturbo che non dà particolari difficoltà, il trattamento non è sempre obbligatorio. La malattia è di per sé progressiva, cioè più passa il tempo più la prostata si ingrandisce, però non sempre è necessario trattarla con i medicinali.

“Se invece i fastidi sono persistenti e il paziente è in difficoltà (ad esempio, si alza una volta per notte e fa fatica a dormire), allora diventa necessario cominciare con una terapia di tipo medico e farmacologico con, ad esempio:

  • farmaci alfalitici, che hanno lo scopo di permettere un migliore svuotamento vescicale; 
  • farmaci con un’azione antiandrogena, utili per ridurre le dimensioni della prostata, in caso di prostate molto voluminose. 

Oltre a questi, vi sono anche alcuni integratori, cioè prodotti naturali derivati da sostanze vegetali, i quali hanno anch’essi un effetto antinfiammatorio”.

 

Quando serve l’intervento chirurgico e come si effettua

“Quando questi trattamenti conservativi non danno l’effetto desiderato, è possibile ricorrere alla chirurgia che prevede un intervento endoscopico, cioè si passa attraverso l’uretra e il pene, senza tagli e senza la necessità di rimuovere tutta la prostata (nel caso in cui non si tratti di patologia oncologica) che, grazie a un particolare laser, consente l’asportazione dei lobi prostatici ostruenti. 

Con questo intervento, si consente un ottimale passaggio di flusso dell’urina permettendo quindi al getto di ritornare alla normalità”. 

In alcuni casi di prostata ingrossata, alcuni chirurghi possono ricorrere anche alla tecnica chirurgica robotica. In questo caso, con l’ausilio del robot e tramite un accesso transperitoneale (ovvero con buchi sull’addome per poter accedere alla cavità addominale) e transvescicale (incidendo la vescica e consentendo l’accesso ai lobi prostatici) si asporta completamente l’adenoma prostatico. 

Si tratta, ovviamente, di una tecnica più invasiva rispetto all’intervento laser, che invece sfrutta un condotto preesistente che è l’uretra per poter raggiungere i lobi prostatici da asportare. 

 

Quando andare dall’urologo

“Indipendentemente dalla sintomatologia urinaria – conclude Montorsi - tutti gli uomini dovrebbero rivolgersi a un urologo a partire dai 50 anni (età che scende a 45 nel caso in cui il paziente abbia un familiare di primo o secondo grado affetto da tumore della prostata), sia per prevenzione oncologica sia per indagare lo stato del proprio apparato uro-genitale”.