
Camminata con i piedi all’interno: quando preoccuparsi e cosa fare
PUBBLICATO IL 27 AGOSTO 2025
Può capitare che, guardando il proprio bambino muovere i primi passi o durante la prima infanzia, alcuni genitori notino che i piedini tendono a ruotare verso l’interno. Questo atteggiamento posturale, abbastanza comune in età infantile, è conosciuto nell’ambito medico con il termine camminata in intrarotazione o intoeing.
Anche se nella maggior parte dei casi questa condizione non è motivo di allarme, è comunque importante conoscerne le cause e capire se e quando è necessario rivolgersi a uno specialista in ortopedia.
Per approfondire l’argomento, ne parliamo con la dottoressa Eleonora Caboni, coordinatrice dell’ambulatorio di Ortopedia Pediatrica dell’Istituto Clinico San Siro e ortopedico presso l’Unità operativa di Ortopedia Pediatrica all’IRCCS Ospedale Galeazzi - Sant'Ambrogio.
La camminata in intrarotazione e lo sviluppo del bambino
Alla nascita, le ossa delle gambe del bambino non hanno ancora la forma e l’allineamento tipici degli adulti. Questo perché, durante la crescita nell’utero, gli arti inferiori si sviluppano in uno spazio ristretto e subiscono delle torsioni seppur del tutto naturali.
“Tra le torsioni più comuni c’è proprio l’intrarotazione delle gambe, che con il tempo tende a ridursi spontaneamente, permettendo una camminata più simmetrica e allineata – spiega la dottoressa Caboni –.
Se però, durante la prima infanzia, il bambino continua a camminare con le punte dei piedi rivolte verso l’interno, è sempre consigliabile parlarne con il proprio pediatra che, se lo riterrà opportuno, indirizzerà i genitori a uno specialista in ortopedia”.
La diagnosi della camminata in intrarotazione
“Quando un bambino arriva in visita per una camminata in intrarotazione – indica la specialista –, l’ortopedico comincia da una valutazione clinica completa, che comprende la ricostruzione della storia clinica del bambino a partire dalla gravidanza”.
Vengono valutati, quindi, aspetti come:
- eventuali complicanze durante il parto;
- problemi neurologici già noti;
- traumi precedenti.
L’ortopedico osserva, inoltre, come il bambino cammina, corre e si siede, per analizzare la dinamica del movimento.
Una parte fondamentale dell’anamnesi riguarda anche l’analisi anatomica degli arti inferiori.
“Ci sono, infatti, 3 punti chiave da considerare quando si è di fronte a un bambino con la camminata in intrarotazione:
- il femore, per valutare l’antiversione femorale (la rotazione anteriore del collo del femore rispetto al suo asse);
- la tibia, che può presentare una torsione interna tibiale (la tibia ruota internamente verso il piede);
- il piede, in caso di varianti strutturali, come il metatarso addotto (l’avampiede rivolto verso la linea mediana del piede).
Spesso il difetto non interessa una sola di queste strutture, ma può coinvolgere più distretti contemporaneamente – aggiunge la dottoressa Caboni -. Il quadro clinico a componente mista è frequente”.
Il femore: una rotazione che si corregge da sola
Alla nascita, l’angolo formato dalla testa del femore (la parte dell’osso che si collega all’anca) e l’asse del corpo è di circa 30-40°, contro i 10°-15° dell’età adulta. Per questo motivo molti bambini, in modo naturale, quando camminano ruotano l’intera gamba all’interno, presentando di conseguenza anche la rotazione delle punte dei piedi.
“Non è una scelta consapevole del bambino, così facendo ottiene semplicemente una maggiore stabilità articolare negli spostamenti”, spiega la dottoressa.
Un segnale spesso associato a questa condizione è la cosiddetta seduta a ranocchio o W, in cui il bambino si siede con i piedi ruotati all’indietro.
“La correzione dell’antiversione femorale avviene spontaneamente con la crescita – continua la dottoressa Caboni – e nella maggior parte dei bambini si risolve entro i 10-12 anni.
Quando però la torsione resta marcata o crea importante difficoltà nei movimenti e nella vita quotidiana, è necessario intervenire”.
La torsione interna della tibia
Anche la tibia, come il femore, presenta una torsione naturale alla nascita.
Durante la crescita, questa si modifica e porta la gamba in una posizione più neutra; tuttavia, se il processo non avviene correttamente, la gamba resta ruotata verso l’interno.
“In genere, entro i 4-5 anni la torsione tibiale si risolve spontaneamente – continua l’ortopedica –. Se persiste, possiamo intervenire con tutori ortopedici o, nei casi più complessi, con procedure chirurgiche”.
Il ruolo del piede
Non bisogna trascurare la struttura del piede, alcuni bambini infatti possono presentare un metatarso addotto, in cui la parte anteriore del piede è rivolta verso l’interno.
“Si tratta di una condizione congenita che, nei casi lievi, può migliorare notevolmente con manipolazioni giornaliere e risolversi spontaneamente – spiega la specialista –.
Nei casi moderati-severi (si tratta di una delle forme di piede torto congenito) è sempre necessario valutare attentamente la correzione con gessi progressivi e tutori”.
Quando serve la chirurgia ortopedica
L’intervento correttivo per la camminata in intrarotazione si considera solo in pochi casi selezionati e quando la rotazione anomala è severa, persistente e influisce negativamente sulla deambulazione del bambino.
In questi casi, in prima battuta si eseguono esami diagnostici approfonditi come radiografie, risonanze o TAC (a seconda dell’età), per valutare con precisione gli angoli articolari presenti.
Dopo una pianificazione dettagliata si passa all’osteotomia correttiva (il nome dell’intervento eseguito in questi casi) che consiste in una frattura controllata dell’osso, che viene poi ruotato nella posizione corretta e stabilizzato con differenti mezzi di sintesi.
“Per fortuna, questi interventi sono molto rari, la maggior parte dei casi, infatti, si risolve spontaneamente e con un buon trattamento conservativo” sottolinea l’ortopedico.
I genitori, gli osservatori alleati nella prevenzione
In caso di camminata in intrarotazione il compito del genitore è doppio:
- da un lato osservare e riferire eventuali anomalie al pediatra;
- dall’altro favorire comportamenti corretti, evitando posture scorrette e stimolando il movimento più giusto nel bambino.
“La prevenzione, infatti, parte da casa. I genitori sono i primi ad accorgersi se qualcosa non va e i primi a poter agire attivamente e tempestivamente sulla problematica” conclude la dottoressa Caboni.