Chirurgia della spalla: quali novità
PUBBLICATO IL 31 DICEMBRE 2024
La spalla è l’articolazione più mobile del corpo che svolge, fondamentalmente, i movimenti di flessione (elevazione dell’arto), abduzione (allontanamento dell’arto dal corpo) e rotazione interna ed esterna.
Come altre articolazioni, è soggetta a traumi e all’insorgenza di patologie che, alcune volte, richiedono l’utilizzo di procedure chirurgiche che, in questi anni, hanno registrato diversi cambiamenti andando incontro a innovazioni importanti a partire dall’approccio artroscopico.
Il dottor Francesco Ruffoni, responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Protesica di spalla, anca e ginocchio dell’Istituto Clinico San Siro, fa una panoramica dell’evoluzione delle tecniche di chirurgia della spalla in questi ultimi decenni tra vantaggi e benefici, sia per il chirurgo sia per il paziente.
I primi studi sulla chirurgia della spalla
“Per comprendere al meglio l’evoluzione della chirurgia della spalla negli ultimi decenni - spiega il dott. Ruffoni -, bisogna distinguere 2 fasce temporali:
- una chirurgia della spalla pre era artroscopica;
- una chirurgia della spalla post era artroscopica.
La componente post artroscopica ha aiutato sicuramente a comprendere meglio l’anatomia funzionale dell’articolazione della spalla.
Un enorme contributo in questo ambito è stato dato dal professor Charles S. Neer II della Columbia University (NY) negli anni 70, che ha introdotto e dato lustro a un’articolazione fino a quel momento sottostimata, mettendo in evidenza alcune patologie quali il conflitto sottoacromiale e la rottura della cuffia dei rotatori.
Ed è stato proprio il prof. Neer, insieme ai suoi allievi, tra cui Bigliani e Flatow, a descrivere e studiare per la prima volta la spalla a 360 gradi”.
Le patologie trattate: dagli inizi a oggi
Inizialmente, le patologie principali per cui la chirurgia della spalla è nata erano quelle legate alle fratture e ai tumori primari e secondari, trattate però con una chirurgia open, cioè ‘a cielo aperto’, che prevedeva nelle fratture una riduzione, mentre nei tumori (soprattutto quelli primitivi) una exeresi (asportazione) della neoplasia stessa.
Senza dimenticare tutte quelle metodiche che riguardavano il trattamento nei bambini delle cisti ossee, piuttosto che delle cisti aneurismatiche sempre della spalla.
“Con l’avvento dell’era artroscopica - prosegue -, le patologie della spalla hanno cominciato a emergere sempre più collocandosi al centro dell’attenzione di medici e ricercatori. Fanno la loro prima comparsa le patologie tendinee, quindi delle parti molli, come:
- la sindrome da conflitto subacromiale;
- la patologia della cuffia dei rotatori;
- le instabilità della spalla.
Già dagli anni 50, l’intervento che si usava per trattare l’instabilità della spalla, cioè l’intervento secondo Latarjet-Bristow, a cielo aperto, prevedeva un vero e proprio ‘smontaggio’ dell’articolazione, in cui si prelevava un frammento di coracoide che veniva successivamente fissata sulla glenoide con piccole cambrette o chiodini e, in seguito, con l’ausilio di 1 o 2 viti.
L’avvento dell’artroscopia è stato, quindi, decisivo e ha completamente cambiato la concezione del trattamento delle patologie della spalla. Grazie a questa tecnica, oggi, è possibile intervenire senza incisione delle parti superficiali (pelle, sottocute) o muscolo-tendinee, accedendo nell’articolazione tramite piccoli fori per eseguire le varie procedure in maniera efficace”.
Le tecniche avanzate nella chirurgia della spalla
“Oggi, si riesce a fare praticamente tutto in artroscopia - asserisce il dottore -. Una delle ultime evoluzioni è l’intervento secondo Latarjet assistita per via artroscopica per la quale si effettua il prelievo della coracoide (parte di scapola) e la si trasferisce all’interno dell’articolazione in corrispondenza della glenoide per ridare stabilità all’articolazione.
Inoltre, i lavaggi ecoguidati nelle tendinopatie calcifiche che consistono nell’evacuare la calcificazione individuandola con l’ecografia, per poi eliminarla attraverso microfissurazioni tendinee tramite ago, eseguendo quindi dei lavaggi con il solo ausilio di un’anestesia locale.
Anche la medicina rigenerativa ha contribuito allo sviluppo e all’implementazione di alcune metodiche: ad esempio, nel caso del trattamento della cuffia dei rotatori, non è raro effettuare anche il prelievo di piastrine che viene centrifugato dando vita al PRP (plasma ricco di piastrine), che viene iniettato poi nella regione perilesionale per favorire la guarigione tendinea.
Come non citare la chirurgia protesica che viene effettuata direttamente in caso di patologie traumatiche dell’omero (es. protesi a scivolamento o inverse), sia nella patologia degenerativa-artrosica.
Le protesi a scivolamento o anatomiche riproducono l’anatomia dell’articolazione, ma per ‘funzionare’ necessitano della presenza di una cuffia dei rotatori sana e funzionalmente valida.
Per protesi inversa, inizialmente studiata in Francia dal prof. Paul Grammont agli inizi degli anni ‘70 e successivamente modificata a metà degli anni ‘80, si intende un’articolazione ‘rovesciata’ con una gleno-sfera dalla parte scapolare e uno stelo con termine concavo dalla parte omerale congruente alla controparte. Questo tipo di impianto funziona con la forza del muscolo deltoide anche in assenza di una valida cuffia dei rotatori. Allo stato attuale circa il 50% degli interventi protesici di spalla è rappresentato da montaggi inversi, con ottimi risultati”.
Nella patologia della spalla, oggi si è tornati, per alcuni disturbi legati alle rotture massive, alla chirurgia a cielo aperto (open), procedure di trapianti tendinei (trasposizione).
Un’altra metodica prevede l’uso di spaziatori in materiali biocompatibili come il Balloon Orthospacer, che consiste nel posizionare questi device tra la testa dell’omero e l’acromion a scopo di proteggere la sutura di ampie lesioni riparate oppure semplicemente come sostituto dei tendini a evitare la risalita della testa omerale verso l’acromion.
“Nella chirurgia traumatologica - conclude Ruffoni - si utilizza prevalentemente la chirurgia a cielo aperto, protesi e placche, mentre nella chirurgia che riguarda i tessuti molli, come la riparazione dei tendini o le lesioni del cercine / instabilità, l’artroscopia è assolutamente la prima scelta.
In alcuni casi l’intervento secondo Latarjet, che ha seguito un’evoluzione artroscopico-assistita, è una scelta ancora valida per quelle lesioni ampie del cercine che comportino un’alterazione ossea della componente glenoidea (Lesione di Bankart ossea)”.