Cosa sono i disturbi del movimento e come curarli
PUBBLICATO IL 15 APRILE 2022
“Per disturbi del movimento si intendono quelle malattie neurologiche che determinano malfunzionamenti della muscolatura volontaria, dell’apprendimento procedurale, degli automatismi e della sfera che riguarda la cognizione e le emozioni - afferma il dottor Luigi Giuseppe Santilio, responsabile dell’Unità del Disturbo del Movimento degli Istituti Clinici Zucchi presso la sede di Carate Brianza -.
Coinvolgono i circuiti nervosi che regolano la funzione motoria: cervello, cervelletto e gangli basali, un gruppo di nuclei sottocorticali presenti alla base di entrambi gli emisferi cerebrali”.
I sintomi
I sintomi possono essere differenziati in 2 tipologie:
- forme ipocinetiche, caratterizzate da un rallentamento motorio, come, per esempio, la malattia di Parkinson o altri Parkinsonismi;
- forme ipercinetiche, caratterizzate da un eccesso di movimenti. Questi determinano le seguenti patologie, che possono essere associate o no a disturbi cognitivi-comportamentali del sistema vegetativo automatico, o anche multisistemico:
- distonie (contrazioni muscolari);
- tic (contrazioni rapide e ripetute);
- tremori (movimenti oscillanti che nella maggior parte delle volte colpiscono mani e braccia);
- corea (movimenti molto simili agli scatti);
- atetosi (movimenti lenti, irregolari che si ripetono in modo costante e che si manifestano negli arti superiori);
- ballismo (movimenti violenti che coinvolgono quasi sempre gli arti inferiori).
Le cause
“La quasi totalità dei disturbi motori è originata da una funzione errata del circuito dei gangli basali. Nell’uomo i gangli basali funzionano in questo modo:
- ricevono informazioni multimodali sensomotorie, cognitive ed emotive da percorsi corticali convergenti;
- generano un messaggio di output integrato alla corteccia frontale, dove viene infine elaborata la selezione di un comportamento motorio adeguato.
Questo processo è generato sia per il movimento più semplice come, ad esempio, una singola articolazione, sia per sequenze motorie più complesse che coinvolgono l'intero corpo.
I disturbi del movimento si verificano, quindi, quando si presenta un malfunzionamento dei gangli basali che impedisce al messaggio di elaborare un corretto comportamento motorio”, indica il Dott. Santilio.
Come si curano i disturbi del movimento
Vi sono diversi approcci terapeutici per ciò che riguarda la cura di queste patologie: “Si va dalla terapia farmacologica tradizionale alla stimolazione dopaminergica continua usata, ad esempio, nel Parkinson grazie alla somministrazione di un gel intestinale che, attraverso una pompa duodenale, si è rivelata l’approccio migliore per contrastare le fluttuazioni motorie durante la giornata.
Ci sono poi approcci terapeutici più avanzati come la DBS, Deep Brain Stimulation (Stimolazione Cerebrale Profonda): essa è una tecnica di neuro-stimolazione che viene utilizzata come terapia per la distonia, la malattia di Parkinson, il tremore essenziale, ecc. Si tratta di un approccio che non serve a curare definitivamente la malattia, ma a controllare i principali sintomi e migliorare la qualità di vita delle persone. Questa procedura è utilizzata anche per curare l'epilessia, il dolore cronico e i disturbi ossessivo-compulsivi. L’impianto non è visibile esternamente e viene posizionato durante un intervento neurochirurgico.
Recentemente si sta affacciando una nuova tecnica rivoluzionaria: gli ultrasuoni focalizzati. Essi rappresentano una procedura terapeutica non invasiva in grado di diminuire il costo delle cure per i pazienti affetti da disturbi del movimento e migliorare la loro quotidianità. Questa tecnologia focalizza i fasci di energia ultrasonica in modo preciso su obiettivi in profondità nei tessuti senza danneggiare le aree sane”, dichiara il fisiatra.
Il ruolo della neuroriabilitazione
Anche la riabilitazione dei disturbi del movimento negli ultimi anni ha acquisito sempre maggior importanza grazie alle nuove scoperte delle neuroscienze.
La neuroriabilitazione potrebbe essere definita come l'insieme di interventi clinici e assistenziali finalizzati al recupero da danni al sistema nervoso (dovuti a lesioni acquisite o a malattie degenerative) riducendo o compensando i disturbi funzionali, utilizzando le risorse di neuroplasticità individuali dei pazienti.
Negli ultimi anni, la complessa interazione tra i gangli della base e le reti cortico-cerebellari nella modulazione degli aspetti dell'azione sia cognitivo-motivazionali (non motori) che motori è stata sempre più considerata nello sviluppo di nuovi approcci riabilitativi integrati. Inoltre, l'evidenza emergente dalla scienza di base e gli studi clinici hanno suggerito che l’esercizio motorio aumenta la plasticità cerebrale principalmente attraverso fenomeni di potenziamento a lungo termine dei circuiti neuronali implicati nell’apprendimento del movimento.
A quale specialista rivolgersi
Lo specialista di prima istanza è il neurologo che deve porre una diagnosi, meglio se il neurologo è esperto in disturbi del movimento.
“In seconda battuta viene certamente il fisiatra che si occupa di tutti gli aspetti riabilitativi riguardanti la disabilità che queste malattie generano e che possono essere più o meno severe a seconda della gravità e dell’avanzamento clinico con una ripercussione importante sulla qualità della vita. Infatti, la complessità della malattia riguarda non solo il paziente ma anche il suo ambiente familiare, sociale e lavorativo interessandolo nella sua globalità”, dichiara Santilio.
Presso gli Istituti Clinici Zucchi di Carate Brianza un’equipe multidisciplinare dedicata
Presso la sede di Carate Brianza degli Istituti Clinici Zucchi è presente una Unità Operativa multidisciplinare per la presa in carico globale, integrata e intensiva dei pazienti affetti da disturbi del movimento e da patologie neurodegenerative. È formata da:
- medici specialisti;
- fisioterapisti;
- terapisti occupazionali;
- logopedisti;
- neuropsicologi;
- psicologi.
Un progetto riabilitativo ritagliato sui bisogni del singolo individuo
“Il vecchio approccio terapeutico, ormai superato, era il più delle volte di tipo monodisciplinare, dove il neurologo focalizzava la cura nel ridurre i sintomi della malattia, nel tentativo di ridurne la severità. La terapia si basava primariamente sul trattamento sintomatico farmacologico.
Oggi con l’approccio di tipo multidisciplinare, ciascuna figura professionale contribuisce all’elaborazione e alla stesura di un progetto riabilitativo ritagliato sui bisogni del singolo individuo.
Ormai la domanda non è se fare la riabilitazione ma come farla e quando farla e l’approccio attuale consiglia di iniziare il più precocemente possibile e nei primi stadi della malattia. La gold practice della riabilitazione è supportata negli ultimi anni da diversi studi che hanno evidenziato come l’esercizio terapeutico migliori non solo i sintomi motori, ma anche le performance cognitive con un avanzamento dell’apprendimento motorio e della memoria”, conclude lo specialista.