Covid-19: dobbiamo imparare a convivere con il virus

PUBBLICATO IL 23 SETTEMBRE 2021

I vaccini continuano a confermarsi straordinariamente efficaci nel prevenire la malattia, anche contro la variante Delta. Ecco perché dobbiamo iniziare a guardare ai numeri della pandemia in modo diverso e tornare lentamente alla normalità, con responsabilità e serenità

Il coronavirus, come gran parte dei virus che hanno compiuto con successo il salto di specie dagli animali all’uomo, è arrivato per restare. La pandemia Covid-19 non finirà dall’oggi al domani e SARS-CoV-2 diventerà un virus endemico, come oggi lo sono il virus dell’influenza o il papilloma virus

Ciò significa che lungi dal dimenticarci dell’esistenza di SARS-CoV-2 e tornare a vivere come se non ci fosse, dovremo continuare occuparci di lui, continuare a vaccinarci e sviluppare nuove e più efficaci terapie, così come comportarci in modo responsabile per ridurre al minimo i contagi. 

Significa anche, però, che il panico e lo stress prodotti da una situazione emergenziale devono lasciare spazio a una maggior serenità, senza la quale non potremo tornare a occuparci della nostra salute fisica e mentale a tutto tondo, come è sempre più necessario, soprattutto dopo questi due anni di pandemia.

Ne parliamo con Alberto Zangrillo, Direttore delle Unità Operative di Anestesia e Rianimazione Generale e Cardio-Toraco-Vascolare dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario di Anestesiologia e Rianimazione presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, dove svolge anche il ruolo di prorettore per le attività cliniche.

 

Perché dobbiamo cambiare la narrazione della pandemia

“Lo dico subito, a scanso di equivoci: sono i numeri a dirci che dobbiamo cambiare il nostro modo di monitorare e di raccontare quello che sta succedendo in Italia, e in particolare quelli relativi all’efficacia dei vaccini, sui quali al momento non ci sono dubbi - afferma il prof. Zangrillo -. Ecco perché è inutile continuare a riproporre la stessa narrazione emergenziale.”

Come conferma l’ultimo rapporto ISS, aggiornato all’8 settembre, nei vaccinati la protezione dall’infezione di SARS-CoV-2 è del 77%, mentre si riducono del 93,4% e del 95,7% rispettivamente le probabilità di essere ricoverati in ospedale e di finire in terapia intensiva per Covid-19. Infine, la protezione contro il decesso è del 96,3%.

“Questi numeri ci dicono 2 cose. La prima è che vaccinarsi significa salvare la propria vita ed evitare una malattia debilitante, i cui effetti a lungo termine sono ancora tutti da studiare. La seconda è che il numero di casi positivi acquisterà sempre di più nei prossimi mesi un significato diverso rispetto a quello, estremamente allarmante, delle prime due ondate.”

 

Perché il numero dei casi, dei decessi e dei ricoveri cambiano di significato

I vaccini contro Covid-19, attualmente approvati, sono stati sviluppati per proteggerci dalle gravi conseguenze che l’infezione ha prodotto in assenza di una terapia specifica. Il vaccino si sta dimostrando un formidabile inibitore dell’evoluzione verso la forma grave dell’infezione e ciò è ormai un evidenza, perché è dimostrato che la presenza del virus nelle prime vie aeree dei soggetti vaccinati non produce la malattia in forma grave.

Questo spiega perché la protezione dei vaccini contro l’ospedalizzazione e la morte è alta, mentre lo è meno nei confronti del contagio: la probabilità di risultare positivi è ridotta “solo” (in realtà è un risultato eccellente) del 70%.

“La discrepanza tra questi valori fa sì che la campagna vaccinale riduca in modo importante il numero di ricoveri e decessi, ma lo faccia meno nei confronti del numero di positivi, che diventa così sempre meno predittivo del comportamento dei primi, che sono poi quelli che ci interessano - spiega Zangrillo -. 

Dobbiamo concentrarci sempre di più su quello che accade negli ospedali, monitorando il flusso dei pazienti. Ciò non significa che non serva tracciare o conoscere l’andamento dei positivi in Italia, significa però raccontare questi numeri in un altro modo, altrimenti rischiamo solo di creare paura e confusione e, soprattutto, generare sfiducia ed immotivati pregiudizi nei confronti dei vaccini.” 

 

Uscire dallo stato di emergenza

Se si leggono i numeri in questo modo, non può che cambiare la narrazione della pandemia: i vaccini funzionano bene e l’Italia è ai primi posti per adesione alla profilassi vaccinale con una percentuale prossima al 70% di vaccinati in modo completo; tornare alla vita normale è obbligatorio ed in tempi auspicabilmente molto contenuti. Le linee guida, alla portata di tutti sono:

  • sottoporsi a vaccino profilassi affidandosi alla responsabilità del proprio medico; 
  • occuparsi delle persone più fragili in un contesto di convivenza sociale responsabile; 
  • mantenere le norme prudenziali di distanziamento sociale senza eccedere in comportamenti ossessivi e irrazionali;
  • ricordare che gli ospedali sono istituzioni al servizio di tutti i malati ed evitare di affollare i Pronto Soccorsi senza motivi fondati;
  • ritornare a pensare positivamente e considerare che l’auto isolamento immotivato produce enormi danni della nostra sfera cognitiva e psicologica.

“Il numero di positivi che vediamo oggi descrive una situazione completamente diversa e molto meno allarmante rispetto a inizio anno - afferma ancora Zangrillo -. 

Dobbiamo uscire dallo stato di emergenza e dobbiamo tornare a parlare delle altre malattie, quelle oncologiche, cardiovascolari e croniche, che sono state trascurate in questi anni con conseguenze drammatiche sulla vita di moltissime persone. E prenderci cura del disagio psicologico e delle malattie psichiatriche che sono in drammatico aumento, come conseguenza delle scelte di contenimento e del clima di allerta nel quale abbiamo necessariamente dovuto vivere in questi due anni, ma che ora possiamo e abbiamo la responsabilità di iniziare a cambiare in meglio.”

Cura e Prevenzione