Malattia di Dupuytren: la chirurgia per un esito definitivo

PUBBLICATO IL 27 FEBBRAIO 2020

L’intervento chirurgico può restituire le normali funzionalità della mano permettendo la sua distensione. Ma quando si ricorre alla chirurgia? E con quali tecniche? Ce lo spiega l’esperto.  

La maggior parte dei pazienti che soffrono del Morbo di Dupuytren si rivolgono ad uno specialista, e lo fanno per due motivi: da un lato perché spaventati da una retrazione del dito di cui non si conoscono le cause, dall’altro perché le conseguenze di un dito flesso a 90° arreca fastidio ed impaccio. 

Azioni quotidiane come indossare un guanto, mettersi le mani in tasca o detergersi il viso, per intenderci, diventano in questi casi assai problematiche. 

Il Dott. Ignazio Marcoccio, specialista in Chirurgia della Mano e Microchirurgia dei Nervi dell’Istituto Clinico Città di Brescia, spiega quando è consigliabile ricorrere alla chirurgia e con quale tecnica. 

L’importanza della diagnosi 

In concomitanza della sua insorgenza si registra la formazione di noduli a livello del palmo o nelle pieghe delle dita, più raramente sul dorso. 

Questi noduli via via si espandono, determinando una retrazione digitale che assume gradi diversi di flessione sino alla perdita dell’estensione del dito. 

In questi casi sta al medico il compito di eseguire una diagnosi differenziale e indicare il percorso terapeutico più corretto. 

Quando ricorrere alla chirurgia

“Il ricorso alla chirurgia - spiega il dottore -  è indicato non tanto perché il paziente lamenta dolore, ma in presenza di una retrazione digitale di un dito e quindi di un deficit di estensione.

Questo deficit ,degenerando, potrebbe portare nei casi più gravi all’amputazione del dito. 

Se il dito sta flesso, infatti, nell’arco del tempo si irrigidisce l’articolazione e, di conseguenza, i vasi e i nervi si retraggono perdendo la loro naturale elasticità. 

La chirurgia dunque, corre in soccorso non solo per togliere l’impaccio al paziente di un dito flesso, ma anche e soprattutto per scongiurare risultati non soddisfacenti che agli estremi potrebbero anche dover rendere necessaria l’amputazione del dito. 

Mentre, nei gradi avanzati, l’operazione porta a risultati parziali, in quelli intermedi si riacquisisce un’ottima estensione”.

Tecniche chirurgiche a confronto: tecnica ad ago e cordotomia

Una delle tecniche utilizzate è la tecnica ad ago: “La tecnica ad ago - conclude l’esperto - tramite anestesia locale sfrutta la porzione tagliente dell’ago (a becco di flauto) che infissa nella zona di malattia, taglia la corda patologica, eseguendo la cosiddetta cordotomia percutanea. 

Noi, però, all’Istituto Clinico Città di Brescia la utilizziamo poco perché la riteniamo molto traumatica e preferiamo le cordotomie chirurgiche aperte. 

In esse si esegue un ampio taglio lungo tutto l’asse del dito, dove si va a bonificare e quindi rimuovere tutta la fascia patologica in modo radicale e con metodiche microchirurgiche.Questo dà maggiori garanzie di guarigione”. 

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