Cos’è la resistenza agli antimicrobici e agli antibiotici
PUBBLICATO IL 20 NOVEMBRE 2024
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ogni anno dedica la settimana dal 18 al 24 novembre al problema della resistenza agli antimicrobici.
Gli antimicrobici sono molecole usate per contrastare le infezioni causate da virus, batteri, funghi e parassiti. I ‘patogeni’ diventano resistenti quando sopravvivono e continuano a crescere nonostante la presenza del farmaco antimicrobico, causando così problemi severi per la salute dell’uomo e degli ecosistemi.
Da 20 anni, la dottoressa Daniela Maria Cirillo, vicedirettrice della Divisione di Immunologia, Trapianti e Malattie Infettive e group leader dell’Unità Patogeni Batterici Emergenti presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele, si occupa di diagnostica della resistenza agli antimicrobici. La dottoressa studia in particolare i batteri che provocano la tubercolosi, una malattia del sistema respiratorio e non solo, che nel 2023 ha causato più di 1 milione di morti nel mondo.
Insieme alla dottoressa Cirillo vediamo perché la resistenza antimicrobica si sviluppa e le strategie per combatterla.
Le tipologie di resistenza agli antimicrobici
Esistono 2 tipi di resistenza agli antimicrobici:
- la resistenza intrinseca è la capacità di un microrganismo di resistere all’azione di una determinata classe di antimicrobici, grazie ad alcune sue intrinseche caratteristiche genetiche e cellulari;
- la resistenza acquisita, che il microrganismo sviluppa accumulando mutazioni nel proprio DNA oppure ricevendo materiale genetico da altri microrganismi già resistenti, che lo rendono resistente a un numero sempre crescente di classi di antimicrobici.
La resistenza agli antibiotici
La resistenza acquisita oggi è il tipo più insidioso di resistenza agli antibiotici, i farmaci contro le infezioni causate da batteri, ed è la forma più conosciuta.
Le cause dell’antibiotico-resistenza
L’OMS stima che nel 2019 l’antibiotico-resistenza è stata la causa diretta di più di 1 milione di morti al mondo. Essa è il risultato di un uso improprio e incontrollato degli antibiotici, per esempio, per trattare infezioni provocate da un virus, contro i quali gli antibiotici non sono efficaci.
Un'altra importante causa è la trasmissione di batteri resistenti sia in ambiente ospedaliero, sia in comunità.
“Il problema non riguarda la sola salute dell’uomo, ma dell’intero ecosistema in cui viviamo, quindi anche piante e animali.
Gli antibiotici usati per trattare le infezioni negli animali, per esempio, richiedono obbligatoriamente la prescrizione medica. Tuttavia, alcune di queste molecole non sono classificate come antibiotici, ma come integratori, per i quali non è necessaria la prescrizione. Questi possono essere utilizzati in allevamenti intensivi, per esempio, del pollame.
Alcuni di questi integratori, però, sono analoghi degli antibiotici, a cui somigliano per funzione o struttura. Il loro impiego incontrollato può portare a sua volta allo sviluppo di resistenza antibiotica anche nell’uomo”, racconta la dottoressa Cirillo.
Oltre all’uso improprio in ambito sanitario e veterinario, si aggiunge il problema degli antibiotici ancora parzialmente attivi riversati nelle acque reflue degli impianti di produzione industriale, delocalizzata in paesi al di fuori dell’Unione Europea, dove il costo di produzione è più basso e la regolamentazione è meno ‘vincolante’.
Un altro problema è rappresentato dall’uso di antibiotici negli allevamenti animali, che possono giungere all’uomo attraverso la dieta e avere effetti sul microbiota, cioè l’insieme dei batteri che ‘abitano’ l’intestino e altri distretti corporei, oggi ritenuti fondamentali per la salute dell’intero organismo.
L’antibiotico-resistenza è legata anche alla prescrizione diffusa di antibiotici ad ampio spettro. Questi non hanno un’azione mirata contro il tipo di batteri che causa l’infezione, ma ne colpiscono una gamma più ampia, favorendo così la probabilità che vengano selezionati quelli più resistenti all’azione antibiotica.
Nuovi antibiotici e test per combattere l’antibiotico resistenza
“È necessario sviluppare nuovi antibiotici che agiscano in maniera mirata contro la classe di batteri responsabile dell’infezione. Perché questo accada, è fondamentale affiancare test di diagnostica molecolare della resistenza allo sviluppo e all’uso di nuovi farmaci.
Questi test aiuterebbero a identificare quali mutazioni sono presenti in quale specifico tratto del DNA e in che modo esse conferiscono al batterio la capacità di sopravvivere all’azione del farmaco.
Conoscere nel dettaglio le caratteristiche genetiche che rendono un batterio resistente a un antibiotico rispetto a un altro aiuterebbe a indirizzare la prescrizione di trattamenti molto specifici per l’infezione in corso, mitigando così il rischio di propagare resistenza al farmaco”, afferma la dottoressa.
Una delle sue linee di ricerca si concentra proprio sull’uso di tecnologie di genomica molecolare per la diagnosi di antibiotico-resistenza. Da anni, il gruppo coordinato da Cirillo collabora con il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie e con l’OMS per il monitoraggio della resistenza antimicrobica in Europa e l’implementazione della diagnosi molecolare a livello mondiale.
Cosa possiamo fare per prevenire l’antibiotico-resistenza
La resistenza antimicrobica si sviluppa più rapidamente della capacità delle industrie di produrre nuovi farmaci, che normalmente impiegano circa 10 anni per essere immessi sul mercato. Pertanto, è indispensabile agire tempestivamente con interventi di prevenzione ed educazione dei pazienti, del personale sanitario, di farmacisti e istituzioni politiche.
“La prima pratica salvavita è il lavaggio delle mani. Sembra una banalità, ma lavarsi le mani in modo appropriato è la prima abitudine da adottare per prevenire la trasmissione dei patogeni e, quindi, della malattia”, afferma la dottoressa Cirillo.
I medici e il personale sanitario devono, inoltre:
- spiegare al paziente quando, come e per quanto tempo prendere un antibiotico;
- evitare il più possibile la prescrizione di quelli ad ampio spettro.
Il paziente, dal canto suo, deve:
- rispettare rigorosamente il regime antibiotico, che comincia e finisce nei giorni stabiliti dal medico;
- vaccinarsi quando è possibile, in particolare contro malattie virali come l’influenza, che predispongono a sovrainfezioni batteriche, e contro patogeni batterici che causano malattie gravi come la polmonite e la meningite nei soggetti fragili.
“È poi indispensabile seguire le linee guida internazionali condivise, che regolamentano severamente l’uso degli antibiotici.
Infine, per ridurre al minimo il rischio che insorga resistenza contro gli antibiotici di ultima generazione, è necessario che questi vengano protetti dall’uso indiscriminato e prescritti dall’infettivologo solo quando necessari. Dovrebbe essere l’infettivologo che, usando gli strumenti di diagnostica della resistenza, indirizza la prescrizione di un antibiotico adeguato a contrastare l’infezione”, conclude la dottoressa.