Ipertrofia Prostatica Benigna (IPB): come funziona l’intervento con il laser al Tullio
PUBBLICATO IL 26 GIUGNO 2025
L’ipertrofia prostatica benigna, o IPB, è una delle patologie urologiche più comuni negli uomini, soprattutto dopo i 50 anni: si stima che colpisca circa 2 uomini su 3 in questa fascia d’età.
Ma cosa significa davvero avere una prostata ingrossata? Quali sono i segnali da non ignorare? E in che modo il laser al Tullio rappresenta oggi una delle soluzioni più efficaci?
Ne parliamo con il professor Luca Carmignani, Responsabile dell'Unità Operativa di Urologia presso l'IRCCS Ospedale Galeazzi - Sant’Ambrogio di Milano.
Che cos’è l’ipertrofia prostatica benigna
“Con IPB (ipertrofia prostatica benigna) si intende un ingrossamento benigno della prostata, la ghiandola situata sotto la vescica e attorno all’uretra, il canale che trasporta l’urina verso l’esterno”, spiega il professor Carmignani.
Con l’età, la prostata può aumentare di volume formando un adenoma benigno. Le cause non sono ancora ben definite, probabilmente intervengono diversi fattori: ormonali, infiammatori, predisposizione genetica. Questo ingrossamento può ostacolare il normale flusso urinario, causando fastidi più o meno intensi.
“Non tutti i pazienti con IPB devono essere operati. In molti casi si riesce a gestire la situazione con una terapia farmacologica. Ma è fondamentale non sottovalutare i sintomi, perché trascurare il problema può portare a complicanze anche permanenti”, sottolinea lo specialista.
I sintomi da tenere sotto controllo
“L’IPB è una patologia che evolve lentamente, ma esistono segnali ben precisi a cui prestare attenzione”, continua il professor Carmignani.
Tra i segnali si possono distinguere:
sintomi locali (prostatici):
- bruciore o fastidio a livello perineale;
- sensazione di peso o disagio in posizione seduta;
sintomi urinari (vescicali):
- necessità di alzarsi spesso di notte per urinare (nicturia);
- aumento della frequenza urinaria durante il giorno;
- flusso debole o intermittente;
- sensazione di svuotamento incompleto della vescica;
- urgenza di urinare poco dopo averlo già fatto.
Quando è necessario l’intervento
L'intervento viene indicato in casi più avanzati, quando:
- i sintomi sono molto fastidiosi o non rispondono ai farmaci;
- la prostata ha raggiunto dimensioni importanti;
- la vescica mostra segni di sofferenza;
- in caso di complicanze, ad esempio, ritenzione di urina, infezioni ricorrenti, sanguinamenti, presenza di calcoli vescicali.
Gli esami utili che possono fornire un quadro chiaro sulla necessità o meno dell’intervento comprendono:
- visita urologica;
- ecografia addominale completa;
- uroflussometria.
“In caso di dubbi, si può ricorrere a una risonanza magnetica multiparametrica della prostata o a una biopsia prostatica, per escludere la presenza di tumori maligni”, afferma lo specialista.
Quali rischi corre il paziente se non interviene nei casi indicati
“Se non si interviene quando indicato, il rischio principale è la progressione dei sintomi e delle complicanze legate all’ostruzione urinaria causata dall’ipertrofia prostatica benigna (IPB)”, sottolinea il prof. Carmignani.
La mancata correzione dell’ostruzione può portare a complicanze a carico della vescica, come la ritenzione urinaria acuta, che richiede il posizionamento di un catetere vescicale a permanenza, oppure la formazione di calcoli e diverticoli vescicali.
A lungo termine, l’aumento della pressione vescicale può danneggiare la funzione renale.
“Intervenire per tempo è cruciale per evitare danni permanenti alla vescica e per ridurre i rischi chirurgici legati a una prostata troppo voluminosa, che rende l’intervento più complesso”, aggiunge il professor Carmignani.
L’intervento con le tecniche laser
Quando si decide per l’intervento, oggi si può ricorrere a tecniche laser, in alternativa alla chirurgia tradizionale. Tra le tecniche disponibili troviamo:
- Green laser (vaporizzazione del tessuto);
- HoLEP (enucleazione con laser all’olmio);
- ThuLEP (enucleazione con laser al tullio).
Laser al Tullio: un'opzione moderna e meno invasiva
“Il laser al Tullio, in uso presso la nostra struttura, offre numerosi vantaggi rispetto ad altre tecniche”, afferma il professor Carmignani. Tra questi:
- minimo danno termico ai tessuti;
- possibilità di vaporizzare o rimuovere interamente l’adenoma;
- possibilità di eseguire analisi istologica sull’adenoma rimosso;
- ottimo controllo del sanguinamento, anche nei pazienti in terapia anticoagulante;
- efficace sia per prostate di piccole dimensioni sia più voluminose.
Come si svolge l’intervento con laser al Tullio
“Immaginate la prostata come un frutto: la polpa esterna è la parte sana, mentre l’adenoma centrale è il nocciolo che cresce e comprime l’uretra. Con l’intervento laser al Tullio, si scolla il ‘nocciolo’ (l’adenoma) dalla ‘polpa’, lo si spinge in vescica e poi lo si frammenta, attraverso la procedura detta morcellazione, rimuovendolo in sicurezza”, spiega il professor Carmignani.
L'intervento con il laser al Tullio:
- viene eseguito per via endoscopica attraverso l’uretra (senza nessuna incisione esterna);
- viene eseguito in anestesia spinale e leggera sedazione.
È un intervento che dura circa 1 ora nella maggior parte dei casi, ma può variare a seconda della dimensione della prostata.
Il ricovero dura in media da 1-2 giorni.
Rischi e possibili complicazioni dell'intervento con laser al Tullio
Come ogni intervento, anche il laser al Tullio ha dei possibili effetti collaterali, seppur contenuti, come:
- sanguinamento (meno del 5% dei casi richiede trasfusioni);
- infezioni urinarie, prevenibili con antibiotici;
- eiaculazione retrograda (mancata emissione di liquido seminale all’esterno); in casi selezionati si può modificare la tecnica chirurgica in modo da conservare l’eiaculazione;
- recidive o formazione di cicatrici, rare ma possibili.
Prevenire l’ipertrofia prostatica benigna
Non esiste una formula certa per prevenire l’IPB, ma è possibile ridurre il rischio di complicanze seguendo alcune semplici regole:
- effettuare controlli urologici regolari a partire dai 40-50 anni;
- prestare attenzione ai cambiamenti nelle abitudini urinarie.
“L’IPB non è un tumore e non si trasforma in tumore. Tuttavia, le 2 condizioni possono coesistere. Per questo motivo, controlli periodici costanti permettono una diagnosi precoce, requisito fondamentale per un trattamento il meno invasivo possibile”, conclude il professor Carmignani.