Variante Omicron: cosa c’è da sapere

PUBBLICATO IL 19 GENNAIO 2022

(News aggiornata il 18 Marzo 2022)

In poco tempo, la nuova variante Omicron, identificata per la prima volta in Sudafrica a fine novembre, si è diffusa in tutto il mondo. Secondo gli ultimi dati, Omicron è già la variante dominante in Lombardia e nel resto d’Italia lo sarà a breve.

Diversi studi scientifici, pubblicati nelle ultime settimane, iniziano a chiarire alcune delle caratteristiche della nuova variante, maggiormente contagiosa, ma anche, in media, meno pericolosa per chi si infetta. 

Non bisogna, però, abbassare la guardia: proprio perché così facilmente trasmissibile, la sua rapida diffusione potrebbe comunque mettere in difficoltà gli ospedali e i vaccini rimangono la nostra arma migliore affinché questo non avvenga. Ne parliamo con Massimo Clementi, professore ordinario dell’Università Vita-Salute San Raffaele e Direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia all’IRCCS Ospedale San Raffaele.

 

Quanto è diffusa Omicron in Italia e in Europa

Appena dopo un mese dal suo primo sequenziamento, Omicron era già la variante dominante in molti dei paesi del mondo, comprese alcune regioni dell’Europa. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha infatti affermato che più della metà della popolazione europea potrebbe essere infettata dalla nuova variante nei prossimi 2 mesi.

Sempre secondo le dichiarazioni di Hans Kluge, direttore per l’Europa dell’OMS, la variante è stata già segnalata in 50 stati su 53 e, nella prima settimana del 2022, erano stati registrati oltre 7 milioni di nuovi casi. 

“In Lombardia abbiamo sequenziato i primi casi di Omicron nelle settimane prima di Natale, ma allora era ancora prevalente Delta. Ora è praticamente tutto Omicron - afferma Massimo Clementi -. Per via dei maggiori collegamenti con altre nazioni potrebbe essere arrivata in Lombardia prima rispetto ad altre regioni italiane e qui la densità di popolazione favorisce la sua diffusione”.

In altre zone d’Italia, la nuova variante di Sars-Cov-2 è invece a circa il 50%.

 

Le caratteristiche della variante Omicron: i nuovi studi scientifici

“Omicron si è manifestato come un virus più diffusivo, ma che colpisce prevalentemente le vie aeree superiori, come naso e faringe, risparmiando in parte i bronchi e i polmoni, dove si generano le patologie più gravi”, specifica l’esperto.

Numerosi gruppi di ricerca in tutto il mondo hanno così iniziato a indagare in laboratorio, attraverso studi in vitro e in vivo, le diverse caratteristiche di Omicron rispetto alle varianti precedenti, come Delta.

Quello che emerge è una difficoltà di Omicron a replicarsi con efficienza nel tessuto polmonare: secondo un team internazionale coordinato dal Cambridge Institute for Therapeutic Immunology and Infectious Diseases il motivo potrebbe risiedere nell’interazione meno efficace con la proteina TMPRSS2, presente sulla superficie di molte cellule polmonari e che aiuta il virus a eluderne le difese. Un’ipotesi supportata anche da altri studi, come afferma un recente articolo su Nature, tra cui l’analisi dell’Università di Glasgow, in Scozia. È bene comunque sottolineare che questi studi sono per ora depositati sulle repository preprint e non sono ancora stati sottoposti a peer review.

La proteina TMPRSS2 non sarebbe invece presente sulle cellule di naso e gola: questo potrebbe spiegare perché Omicron si comporti meglio nelle vie aeree superiori, dove presenta un’alta carica virale.

 

Le ipotesi sulla possibile evoluzione del virus

“È un meccanismo naturale di tutti i virus quello di portare con sé degli ‘errori’ di copiatura nel proprio codice genetico. Col tempo, anche brevissimo, si accumulano mutazioni che danno origine a varianti del virus originale. Solo alcune, però, si rivelano pericolose per noi: Omicron lo è sicuramente per la sua maggior trasmissibilità”, spiega Massimo Clementi.

Per questa sua caratteristica, infatti, la nuova variante emersa in Sud Africa in breve tempo è diventata predominante in molti paesi dell’Europa e degli Stati Uniti, superando la variante Delta.

Se nuove varianti ad alta diffusione non riacquisteranno la capacità di infettare con efficienza bronchi e polmoni, SARS-Cov-2 potrebbe trasformarsi progressivamente in un virus ad alta diffusione che non genera una patologia importante. Ma sono solamente ipotesi: abbiamo bisogno di più dati clinici e di ulteriori studi scientifici per capire cosa potrebbe accadere”, conclude Clementi.

 

L’impatto di Omicron sugli ospedali

Al netto degli studi preclinici già citati, capire cosa realmente stia accadendo nel mondo reale è molto difficile. La variante Omicron si sta diffondendo, infatti, in un contesto in cui la maggior parte delle persone hanno già una protezione immunitaria da SARS-Cov-2, sia per avvenuta vaccinazione, sia per pregressi incontri con il virus, a volte per entrambe le cose. A questo si aggiunge che le fasce d’età maggiormente colpite da questa nuova ondata sono più basse rispetto alle precedenti.

Per tutte queste ragioni è difficile determinare con sicurezza se Omicron causi effettivamente una malattia più lieve rispetto alle precedenti, o se sia il profilo dei nuovi soggetti contagiati (già immunizzati e per ora abbastanza giovani) a fare la differenza. 

Stando ai dati epidemiologici raccolti finora, la situazione sembra andare in una direzione positiva. In Canada, alcuni medici e ricercatori hanno comparato l’andamento dell’infezione di Delta e Omicron (e le relative ospedalizzazioni) in un gruppo di oltre 6000 persone. È emerso che l’infezione da Omicron produce meno ricoveri.

L’importanza dei vaccini per proteggersi

La terza dose serve. Dagli ultimi dati emerge che le persone che hanno ricevuto la dose booster sono più protette rispetto a chi ha completato il ciclo di vaccinazione primario e, ancora di più, rispetto a chi non è vaccinato del tutto. La variante Omicron ha colpito più duramente dove i tassi di vaccinazione erano più bassi”, specifica l’esperto.

In questo momento mantenere alti i tassi di vaccinazione e prendere tutte le precauzioni del caso è necessario per ridurre al minimo la circolazione del virus. Anche se i pazienti con forme gravi in percentuale sono meno, se il numero dei casi è sufficientemente più alto rispetto alle altre ondate, la pressione sugli ospedali può diventare significativa.

Omicron 2 e 3

Nelle ultime settimane, in Italia e in Europa stiamo assistendo a un aumento dei contagi, facendo pensare ad una maggiore contagiosità ed eventuale aggressività delle nuove sotto varianti 1 e 2 di Omicron. È davvero così?

Le nuove sotto varianti di Omicron non hanno preso piede con la stessa velocità della variante Omicron originale, che aveva rimpiazzato Delta in pochissime settimane, ma sembrano avere un’ampia diffusività.

“Non si può però affermare che siano più pericolose della prima versione, e la pressione sugli ospedali ce lo conferma.  Le varianti Omicron infettano anche persone che hanno una copertura vaccinale completa con 3 dosi, ma l’impatto clinico rimane modesto con febbre, tosse e raffreddore”, conferma il professore.

Omicron e le sue sotto varianti sembrano infettare maggiormente le cellule dell’albero respiratorio superiore: naso, faringe e le prime vie della laringe, causando riniti e faringiti; risparmiano invece le vie aeree inferiori, ovvero i piccolo bronchi e gli alveoli polmonari.

“La bassa variabilità del virus in questo momento, ovvero l’evoluzione di Omicron nelle due sotto varianti, ci fa sperare che si vada verso un’endemizzazione del virus - chiarisce il professore -.

L’identificazione delle varianti e il sequenziamento del virus rimangono uno strumento importantissimo perché ci permettono da una parte di individuarle precocemente e verificarne la diffusività, e dall’altra, grazie ai laboratori 'sentinella', tenere monitorata l’interfaccia uomo-ambiente-animale da dove originano gran parte delle nuove infezioni dell’uomo”.

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